Lunedì, 23 Febbraio 2015 12:26

Prosegue lo stato di agitazione al call center di Serra: ‘Dietro a una cuffia ci sono delle vite’

Scritto da Salvatore Albanese
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In tanti ormai hanno segnato in rosso sul calendario la fatidica data del prossimo mercoledì 25 febbraio, giorno in cui si svolgerà il tavolo tecnico convocato dal Ministero dello Sviluppo Economico per la conciliazione tra le parti coinvolte nella concitata questione “Infocontact”. All’incontro prenderanno parte i sindacati e le due società che di recente si sono aggiudicate i rami aziendali dell’azienda utilizzatrice, fallita nel 2014 e che per circa sei mesi era stata gestita da una commissione amministrativa.

I lavoratori del call center di Serra San Bruno dovranno restare, dunque, in apnea ancora per qualche giorno, con l’attenzione puntata in particolare alle strategie manageriali della “Abramo custromer care”, che si è aggiudicata la sede di Lamezia Terme (mentre alla Comdata è andata quella di Rende). Molti di loro, infatti – secondo quanto emerso in questi ultimi giorni – potrebbero vedersi costretti a rifiutare l’occupazione, per via della paventata soppressione dei “centri periferici” impegnati nella commessa Telecom outbound ed ubicati a Stefanaconi ed appunto a Serra San Bruno. Le due sedi – che tra l’altro sono tra le prime in Italia per produzione e fatturato – potrebbero, infatti, essere chiuse dalla nuova gestione ed i lavoratori costretti ad operare nella sede centrale di Lamezia Terme. A questo punto però “il gioco non varrebbe la candela”, perché visti i non certo lauti compensi, i lavoratori sarebbero praticamente condannati a vedere volatilizzarsi il proprio stipendio in carburante e viaggi da affrontare per raggiungere la nuova sede occupazionale. Di conseguenza, la quasi totalità di loro sarebbe in concreto costretta a rifiutare il lavoro.

Sui fatti, questa mattina, si è pronunciato il segretario generale della Fistel Cisl, Francesco Canino, che ha spiegato: «Non condividiamo le tante dichiarazioni fuori luogo, che definiscono felicemente conclusa la vertenza Infocontact. Le offerte vincolanti fatte dalle aziende Abramo per il sito di Lamezia e Comdata per il sito di Rende, così come sono, non risolvono il problema e quindi non possono essere accettate. Novantasei licenziamenti nelle aree di staff – prosegue Canino – abbattimento del 40% del salario medio dei lavoratori conseguente alla riduzione delle ore lavorate, azzeramento degli istituti contrattuali. Sono condizioni inaccettabili che, anche ai lavoratori che passeranno nelle nuove aziende, non consentiranno un vivere dignitoso e la possibilità di far fronte agli impegni economici familiari assunti. Inoltre i posti di lavoro che si perderanno, saranno molti di più dei 96 licenziamenti dichiarati, perché a causa della prevista chiusura dei centri periferici di Infocontact, almeno altri 200 collaboratori a progetto saranno costretti a rinunciare al lavoro, vista la distanza dalle sedi principali di Lamezia e Rende. Come Fistel Cisl andiamo all'incontro del Mise il 25 febbraio – ha concluso Canino – determinati a far rivedere ad Abramo e Comdata i termini delle loro proposte di acquisizione, partendo dai dati oggettivi in nostro possesso, che non giustificano un taglio così pesante dell'occupazione e del salario dei lavoratori. Speriamo nell'aiuto fattivo del ministero, che non si limiti come fatto fin ora, al ruolo di semplice spettatore. Se la trattativa non si chiuderà positivamente, mobiliteremo i lavoratori».

Una questione, dunque, sempre più spinosa che oltre ai circa 40 dipendenti del call center serrese vede coinvolti molti altri lavoratori dislocati in diverse zone del territorio regionale, e che rischia di assumere dunque tutti i connotati del vero e proprio dramma occupazionale. Dal canto loro i lavoratori del centro di Serra San Bruno, in stato d’agitazione da venerdì scorso, hanno fatto sapere che la lotta intrapresa mira, in particolare, «a salvare la dignità di ogni singolo operatore. Perché dietro ad una cuffia ci sono delle vite – hanno aggiunto –, ci sono padri e madri che portano a casa uno stipendio, a volte minimo, ma allo stesso tempo importante per i loro figli. Ci sono giovani speranzosi di realizzare i propri sogni, laureati che i loro sogni ormai li hanno chiusi nel cassetto. Non ci faremo incantare – concludono – da chi finge di averci salvato per poi costringerci a rinunciare».

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