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Pene complessive per 167 anni di reclucione sono state inflitte dal Tribunale collegiale di Vibo Valentia nei confronti di 27 imputati nell'ambito del processo “Luce nei boschi”, che vedeva coinvolti i presunti vertici e affiliati della cosiddetta “Mafia di Ariola”.
Il verdetto è arrivato nella tarda serata di ieri, poco prima di mezzanotte. Quattordici, complessivamente, le condanne, mentre cinque sono state le assoluzioni. Altri 8 imputati, invece, è scattata la prescrizione. Le condanne più alte sono state inflitte ai fratelli Bruno e Gaetano Emanuele, ritenuti al vertice dell'omonimo clan, al centro negli ultimi anni di una guerra di 'ndrangheta che sta insaguinando il territorio a cavallo tra i comuni di Gerocarne, Soriano e Sorianello. Nei loro confronti, inizialmente, il pm Maria Manzini, aveva chiesto la condanna rispettivamente a 28 e 26 anni. Il giudice Lucia Monaco ha, dunque, accolto in parte le richieste formulate dal pm distrettuale, condannando Bruno e Gaetano Emanuele alla pena di 24 e 22 anni.
Oltre a loro, sono stati condannati anche Franco Idà, Pasquale De Masi, Vincenzo Bartone, e Giovanni Loielo (12 anni a testa), Francesco Capomolla (17 anni e 6 mesi), Leonardo Bertucci e Antonio Gallace (8 anni ciascuno), Vincenzo Taverniti e Nazzareno Altamura (7 anni), Giuseppe De Girolamo (1 anno e 6 mesi) e Domenico Falbo (8 anni). Assolti, invece, l'ex primo cittadino di Gerocarne, Michele Altamura, nipote del presunto boss, Antonio Altamura (condannato a sua volta a 16 anni di reclusione), ed accusato di concorso esterno in associazione mafiosa – per il quale il pm Manzini aveva chiesto una condanna ad 8 anni e 6 mesi di reclusione -, l’imprenditore di Soriano Calabro, Giuseppe Prestanicola, Francesco Maiolo, Rocco Loielo e Francesco Taverniti. La prescrizione, invece, è scattata per Girolamo Macrì, Rocco Santaguida, Bruno Zungrone, Roberto Codispoti, Giuseppe Nesci, Antonio Condina, Giuseppe Gentile e Michele Rizzuti.
Il verdetto del Tribunale collegiale di Vibo ha, dunque, certificato l'esistenza di un locale di 'ndrangheta nelle Preserre vibonesi. I condannati dovranno, infine, risarcire le parti civili del processo per una somma di 50mila euro ciascuno nei confronti di Confindustria Calabria e per i comuni di Gerocarne, Arena, Acquaro, Dasà, Sorianello, Soriano, Pizzoni e Vazzano.
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