Venerdì, 05 Giugno 2020 18:01

La riflessione del Forum delle associazioni: «Continua la disgregazione sociale della Calabria»

Scritto da Redazione
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Riceviamo e pubblichiamo:

Appena l’ennesima coppia di amici mi ha comunicato la partenza definitiva da Vibo. Mi è venuto in mente il refrain “gli amici se ne vanno ...” di una vecchia canzone di F. Califano “La musica è finita”. Cambiano residenza, vanno a vivere nella provincia di Como, vanno dove “li porta il cuore”, richiamati dagli affetti verso i giovani figli partiti da tempo in cerca di lavoro. Il richiamo è stato più forte dopo la nascita dei nipotini, non ce l’hanno fatta a resistere lontano, hanno deciso di riunire la famiglia e con trepidazione e angoscia lasciano anch’essi la città.

Così, nel silenzio connivente delle amministrazioni, si continua a consumare la disgregazione sociale ed economica del nostro territorio in una spirale coinvolgente che interessa sempre più figli e genitori. I primi emigranti per lavoro, i secondi pure loro emigranti, ma per affetto.

Ho pensato anche al testo della triste canzone dei Ricchi e Poveri “Che sarà”: “gli amici miei son quasi tutti via e gli altri partiranno dopo me”. Una desolante verità che da tempo si è impadronita dei nostri giovani, costretti a trovare altrove una sistemazione per il loro futuro.

Che tristezza assistere a questa tragedia che giorno dopo giorno si consuma e lascia sempre più impoverito il paese, la provincia, la regione e tutto il meridione. Negli ultimi 15 anni 2 milioni di meridionali sono dovuti andare via dalla propria terra per mancanza di prospettive. È una sconfitta per tutti, su tutti i fronti, quello sociale e quello economico che nessuno da anni ha seriamente pensato di frenare. Solo bei discorsi con sentiti bla bla bla in occasione della rituale investitura della “presa del potere”, poi niente.

Eppure il lavoro è il problema dei problemi, avrebbe dovuto e dovrebbe essere in capo all’agenda di tutti i politici passati e presenti, tale da farne una questione di sopravvivenza. Si continua invece ad assistere ai soliti riti stantii: occupazione di posti, stessi personaggi rigidamente incollati sulle poltrone, scambi di favori, sottili intese tra le “parti in commedia”, spazi rigidamente chiusi al merito. A parole si declamano le annose e mai risolte endemiche difficoltà: la spazzatura, la sanità, il dissesto idrogeologico, le strade colabrodo, il turismo che annaspa e che non trova in Calabria un’adeguata consapevolezza delle sue potenzialità, la mafia da combattere, i carenti servizi, ecc. Nei discorsi accademici il lavoro è una doverosa appendice, non si può non menzionarlo, e in maniera marginale fa parte anch’esso della nutrita lista dei bisogni.

Il lavoro invece deve essere il principale argomento non solo da trattare nelle manifestazioni o congressi a perdere, ma è da vivere quotidianamente tanto da farlo diventare un’ossessione, nel tentativo di risolverlo e alleviare la penuria della sua mancanza. Deve essere una costante nei pensieri e nei fatti di chi è nella posizione adeguata. È domani che abbiamo bisogno di lavoro duraturo, non fra decenni se e quando si potrà realizzare il malaugurato ponte sullo stretto.

Alla fine di ogni legislatura gli amministratori tutti dovrebbero presentare il conto da sottoporre al giudizio degli elettori: quanti posti di lavoro potenzialmente validi sono stati realizzati? Quante nuove strutture capaci di crearlo si sono insediate in loco? E quante di quelle esistenti si sono espanse? Senza questa concretezza salvifica si continuerà solo ad alimentare la disaffezione dei cittadini, specialmente dei giovani verso il loro territorio, usato e abusato, che li lascia senza prospettive.

Alzi la mano chi ha figli o prossimi congiunti lontano, fuori per lavoro. Anzi no, si fa prima a contare i pochi che hanno la fortuna di trovarsi qui i figli, vicino.

Bruno Ceravolo
Per il Forum delle associazioni

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