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Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, frode fiscale, autoriciclaggio, usura ed estorsione. Con queste accuse gli uomini del Gico della Guardia di finanza, i finanzieri e gli agenti della Squadra Mobile di Lecco hanno tratto in arresto 18 persone tra Lombardia, Liguria ed Emilia-Romagna. Dieci di loro, in particolare, sono finite in carcere, mentre le altre otto si trovano ai domiciliari. Sequestrato anche un carico di rifiuti radioattivi. L’operazione, condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano, ha permesso di ricostruire l’attività di un sodalizio mafioso in provincia di Lecco, che sarebbe guidato da Cosimo Vallelonga, 73enne nato a Mongiana, in provincia di Vibo Valentia ma residente nel Lecchese, ritenuto un esponente di spicco della ‘ndrangheta e imparentato con le famiglie di Campoli di Caulonia e Vallelunga di Serra San Bruno coinvolte nel 2009 in una guerra di mafia che ha insanguinato un vasto territorio a cavallo tra le province di Vibo Valentia, Catanzaro e Reggio Calabria.
«VI FACCIO COME FACCIAMO IN CALABRIA» - Con queste parole, secondo quanto è emerso dalle intercettazioni, l’uomo avrebbe minacciato nel suo negozio di mobili nel Lecchese due vittime di usura, che dovevano restituire un “prestito”. Stando a quanto si legge negli atti, Vallelonga nell’ottobre 2018 avrebbe intimato a una delle due vittime «di lasciare fuori dal locale il cellulare», dopo avergli anche «chiesto se avesse addosso dispositivi di registrazione». Un’altra persona vittima del clan ha messo a verbale che nell’estate del 2017 «venne condotto in un capannone da Vallelonga» e da Vincenzo Marchio, ritenuto braccio destro del boss. Vallelonga, stando al verbale, prese «una pistola» con silenziatore e gliela puntò «alla testa, all’altezza della bocca, ribadendo di esigere da me la restituzione del denaro». Lo stesso boss nel dicembre 2017 avrebbe detto anche di «aver pronta la borsa dei ferri e che non aveva problemi a tirarla fuori».
IL BUSINESS DEI RIFIUTI RADIOATTIVI - Tra i materiali sequestrati nel corso dell’operazione ci sono anche 16 tonnellate di rame trinciato radioattivo, proveniente dalla provincia di Bergamo e bloccato dalla polizia stradale di Brescia nel maggio 2018. Secondo quanto è emerso dalle indagini, inoltre, sarebbero state movimentate illegalmente almeno 10mila tonnellate di rifiuti e materiali ferrosi.
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