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A volte ci si trova di fronte a un bivio e diventa oggettiva l’incapacità di scegliere. Altre volte, nonostante i dubbi che intervengono lungo il nostro percorso, si tira dritti con la consapevolezza che la scelta fatta è di certo quella giusta. Al pari di tanti altri colleghi, nella “guerra” che siamo costretti ad affrontare, ancora un altro serrese ha fatto la scelta di stare in “trincea”. Si tratta dell’operatore socio sanitario Umberto Ariganello, in servizio a Castiglione delle Stiviere nel Mantovano. «L’ospedale San Pellegrino, dove lavoro col gruppo “Mantova Salus”, non è una struttura dedicata solo a pazienti Covid, ma all’interno, seguendo un rigido protocollo, è stato dedicato un reparto esclusivamente ai pazienti che hanno contratto il nuovo Coronavirus. Io ho sempre lavorato nei reparti tradizionali, Chirurgia, Medicina, ecc. ma appena la nostra struttura – tra l’altro una delle prime a reinventarsi per l’emergenza – ha dedicato una parte agli ammalati Covid, ho scelto di prestare il mio servizio proprio in quel reparto». Dunque da subito la formazione per affrontare il lavoro con i pazienti Covid e poi l’esperienza in corsia dove Umberto Ariganello ha contratto la malattia risultando positivo al tampone il 21 marzo scorso. Ma l’8 e il 9 aprile scorso la buona notizia arrivata con la negatività dei tamponi di sorveglianza e la voglia di tornare al lavoro già da mercoledì prossimo. «Questo è un virus veramente difficile da gestire durante la malattia – ha spiegato – perché quando hai la sensazione che stia passando torna a farsi forte la sua presenza, soprattutto per chi lavora in ospedale ed è esposto ad una carica virale non indifferente. Il 21 marzo sono risultato positivo e di conseguenza, data una primissima fase asintomatica, l’ho trasmesso alla mia compagna che tra l’altro è un’infermiera».
Durante il periodo di malattia la terapia farmacologica di 10 giorni a base di Tavanic e Plaquenil e le difficoltà di dover convivere anche con una polmonite bilaterale e febbre alta per diversi giorni. Per non parlare dei dolori muscolari e il mal di testa ancora presenti. «La malattia è stata una dura prova, e non posso che ringraziare la mia compagna, i miei vicini di casa e l’incredibile sostegno della “Croce Rossa”. È grazie a loro se, durante il periodo di isolamento, ho avuto i beni di prima necessità quali farmaci e prodotti alimentari. Anche se da lontano è doveroso da parte mia ringraziare i miei genitori, i parenti e gli amici che mi hanno dato confortato».
Ma, quando si opera in certi contesti di emergenza, oltre alla malattia si deve essere pronti ad affrontare altri aspetti per nulla secondari: «Nonostante tutto – ha continuato Umberto Ariganello – l’esperienza terribile per me non è stata la malattia ma l’aver preso coscienza, lavorando in un reparto Covid, di quanto questa morte sia indecorosa per le famiglie che non possono stare vicine ai propri cari durante i loro ultimi giorni di vita. In quei frangenti, oltre ad affrontare l’emergenza sanitaria, ti trovi di fronte a un’altra emergenza che riguarda una dimensione prettamente umana e affettiva. Lo staff sanitario – ha raccontato ancora Umberto Ariganello – è l’unico che può donarti, in una situazione simile, delle parole di conforto e mostrare vicinanza sostituendosi ai cari del paziente. Questo è stato per me l’aspetto più terribile e indescrivibile. Dunque, non solo per l’approccio sanitario ma anche per quello umano ci tengo a ringraziare la “Mantova Salus” che ci ha formato in maniera impeccabile, per prepararci ad affrontare questa lunga battaglia contro il nemico invisibile».
Con la guarigione arriva anche il momento di offrire un contributo alla ricerca in qualità di paziente guarito, e naturalmente il ritorno in corsia per far fronte alla carenza di personale «Adesso – ha spiegato infine Ariganello – io e tanti altri colleghi, fortunati come me perché non più malati, ci sottoporremo alla donazione del plasma, nel tentativo di fornire un piccolo contributo alla ricerca e magari permettere di guarire a persone ancora costrette ad affrontare la malattia nelle terapie intensive».
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