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Mentre erano impegnati a eseguire un lavoro di ripristino delle condutture fognarie a Vibo, sarebbero stati avvicinati in più occasioni da alcune persone per il pagamento del “pizzo”.
Protagonisti della vicenda due imprenditori, fratelli tra di loro che, subito dopo l’accaduto, hanno provveduto a denunciare il fatto ai carabinieri. E stamattina gli uomini della Sezione Operativa della Compagnia di Serra San Bruno, supportati nella fase esecutiva dai militari delle Stazioni di Soriano Calabro e Arena, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di due persone: si tratta di Emilio Pisano (foto, a sinistra), 50enne originario della frazione “Ariola” di Gerocarne e Vincenzo Puntoriero (a destra), 64enne originario di Rosarno ma domiciliato a Vibo.
Secondo gli inquirenti, i due, con modalità tipiche dell’ambiente mafioso, avrebbero avvicinato in più occasioni gli imprenditori al fine di ottenere il pagamento di 2mila euro, pari a circa il 5% dell’importo complessivo dell’appalto. Le minacce, di fatto, si sarebbero estrinsecate sia in maniera implicita che in maniera esplicita al fine di poter continuare ad eseguire l’appalto ottenuto senza “fastidi” trattandosi di “forestieri” che, proprio per aver sconfinato dal proprio Comune, dovevano elargire una percentuale sul valore del lavoro alla cosca egemone di Vibo Valentia.
Pisano è cognato del boss di Ariola di Gerocarne Antonio Gallace, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Giuseppe Russo e condannato in via definitiva nel processo "Luce nei Boschi" contro i clan delle Preserre. Nel corso della conferenza stampa il capitano Marco Di Caprio, comandante della Compagnia di Serra San Bruno, ha rilevato l'importanza della collaborazione delle vittime che ha consentito di avviare l'indagine e di avere un quadro chiaro dei comportamenti degli indagati.
Le indagini hanno avuto inizio nel mese di febbraio 2018 quando i due imprenditori edili, originari di Arena, hanno denunciato un tentativo di estorsione posto in essere in più occasioni tra Vibo Valentia e il piccolo centro dell'entroterra.
Di fatto, gli espliciti riferimenti agli “amici di Vibo”, hanno consentito agli inquirenti di collegare i vari episodi estorsivi, dopo aver prima identificato gli autori materiali del reato. Il nome dell’operazione (“MBASCIATA”) trae origine proprio dal fatto che gli arrestati, di fatto, agli occhi degli imprenditori, apparivano “solo” come mediatori, cioè, utilizzando il tipico termine in dialetto calabrese, portatori proprio di una ‘mbasciata. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa dal gip di Catanzaro su richiesta della DDA di Catanzaro diretta dal procuratore capo Nicola Gratteri.
Gli arrestati sono stati ristretti presso la casa circondariale di Vibo Valentia a disposizione dell’autorità giudiziaria.
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