Il Vizzarro.it - quotidiano online
Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Dopo Gaetano Ottavio Bruni, dopo Francesco De Nisi e dopo Madre Teresa di Calcutta, la provincia di Pulcinella ha finalmente il suo nuovo eroe: è Andrea Niglia.
Se lo ricorda ancora quel giorno di settembre, Andrea Niglia. Era il 2014 e in quel ristorante appena fuori Vibo, dopo una bella abbuffata a base di carne di capra e vino rosso, un pool di esperti di politica locale lo avvicinava, quasi verso la fine del pranzo, sussurrandogli nell’orecchio: adesso tocca a te, vai! Era la consacrazione definitiva, un sogno che si avverava. Tra poco sarebbe diventato presidente della Provincia più massacrata d’Italia. Vi prometto - brindava alzando il calice al cielo - che non deluderò nessuno. Io, data la mia esperienza politica, lascerò il segno in questa Provincia. Perché dopo aver governato il comune di Briatico con evidenti risultati, e aver di nuovo vinto le elezioni stracciando tutti gli avversari, che talmente tanto erano impauriti della mia maestosa presenza non si sono nemmeno presentati alle elezioni, sono pronto al grande salto. Vi ringrazio per la fiducia, cari colleghi, che verrà ben presto lautamente ripagata. In alto i calici, gridavano i commensali riuniti al tavolo della vittoria. Per Andrea, per il futuro di questa nostra Provincia, per il futuro dei nostri figli e per le vacanze al mare delle nostri mogli.
A questo punto, dal fondo della sala, una voce faceva tremare i presenti: questo patto tra gentiluomini deve finire con un giuramento solenne, per far capire ad ogni uomo lì fuori quanto la linea di questa maggioranza sarà in perfetta continuità con il glorioso e recente passato. Era il temutissimo sindacalista Francesco Decimo Meridio Cavallaro, comandante dell’esercito sindacale con base a Dinami. Di fianco a lui era seduto “il Nazza”, un uomo di consenso e potere che poi, a seguito di una brutta caduta da cavallo, si troverà costretto a stare chiuso in casa in attesa di una difficile operazione. Insieme a loro altri pezzi grossi della politica locale: il sempre verde Francesco Bevilacqua, uno che in fondo non contava granché ma era pur sempre stato senatore della Repubblica e il nemico dei nemici Francesco De Nisi, a buon diritto chiamato “l’Ultimo giustiziere della Provincia” per quella capacità cavalleresca, quasi eroica, di essere riuscito a mandare in tilt l'ente per i prossimi 300 anni.
Avete ragione, mio signore - rinsaviva dopo il vino rosso Andrea - sono pronto a giurare qui davanti ai nostri fratelli la bontà delle mie future azioni. Ti credo Andrea, rassicurava Francesco. Forza, portate un grembiule. In piedi sulla sedia: giuro solennemente che impronterò il mio lavoro seguendo pedissequamente le orme dei padri nobili della Provincia. Porterò tantissimi posti di lavoro sull’esempio del grande Gaetano Ottavio. Li metteremo dovunque e inventerò persino la mansione dell’alzatore del coperchio della fotocopiatrice. Saranno pagati con soldi pubblici, in modo che se un giorno non avremo i soldi per pagarli potremo prendercela con il Governo che ha tagliato i fondi. Appena insediato inizierò una campagna contro quel caino di commissario straordinario che avrebbe voluto mettere i conti a posto, dopo che con tanta fatica e maestria il nostro caro De Nisi aveva avuto l’onore di affondarla quasi definitivamente.
Mi inventerò la politica dei comunicati stampa, dei proclami e delle parole forti contro Roma e tutto il Parlamento. Viaggerò moltissimo, incontrerò senatori e onorevoli, inizierò battaglie finte e irrisolvibili solo per il gusto di far sapere che io mi impegno, così come voi e come tutti gli altri padri nobili che mi precedettero. Non mi fermerò davanti a niente e a nessuno. E se dopo tutto questo non sarò apprezzato dalle alte sfere celesti chiuderò infine tutto aizzando la popolazione contro chi si vorrebbe mettere di traverso al nostro sistema onesto e meritocratico. Strade, scuole, edifici pubblici. Chiuderò tutto, io. Chiuderò tutto ma lascerò intatte le nostre poltrone. Perché noi non siamo come Schettino che abbandoniamo la nave quando tutto va in malora. No! Noi staremo qui fermi al nostro posto. Perché in questa provincia non c’è più niente di sacro del Pennacchio. Alla faccia di chi crede che la qualità migliore di un politico sia quello di avere a cuore la vita e la salute dei suoi cittadini. Bugiardi. La poltrona è e sarà l’ultima a morire.
Applausi.
Angelo De Luca
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