Il Vizzarro.it - quotidiano online
Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
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“Perché… se io vado a Roma non è per me, ma per voi!”. Bruno Censore ama parlare così al proprio elettorato: toni sicuri, nonostante la voce cantilenante e qualche aspirata alla serrese. Intanto è lì, a Roma, a tessere gli interessi – almeno in teoria – della popolazione vibonese. In teoria, appunto, perché a quella frase detta in un albergo ad una stella di Bivona in un incontro pre-elettorale del 2012, di concreto è seguito poco o niente.
Basterebbero già queste parole, in fondo, per dipingere in maniera chiara l’essenza del Partito democratico vibonese. Anzi, di una parte, di una corrente. Forse la più forte, non v’è dubbio. E non può essere altrimenti, dal momento che in politica contano i numeri. E i numeri stanno dalla parte di Censore e del suo gruppo. Un gruppo che non si capisce da chi o cosa sia sostenuto, perché a parte il segretario provinciale Michele Mirabello, non si ha contezza di quali “uomini chiave” siano al suo fianco. Di certo, Censore ha dalla sua una nutrita schiera di “yes man”, vassalli e promoter senza titolo sparsi per tutto il territorio, attaccati a lui in costante attesa delle briciole. E lì dove non gode di stima, il gioco è retto paradossalmente dai nemici dei suoi nemici.
Quindi, checché ne dicano avversari e contrari, il Pd a Vibo è Censore.
Censore prima, Michele Mirabello dopo e poi via via tutti gli altri senza classifica precisa. Nel limbo, almeno 4 “aree” che tentano di riproporre il suo modello di appartenenze, con il risultato di perdere tutti, favorendo solo e sempre lui.
Ci aveva provato Francesco De Nisi grazie al ribattezzato “patto del Lordazzo”, all’epoca dell’elezione del presidente della Provincia, e ci riprova oggi attraverso alleanze con il redivivo Domenico Romano Carratelli. Ma per concretizzare una minima frattura aveva dovuto allearsi con la destra, in una logica renziana di potere, che in Calabria non può essere perseguita dal momento che la lotta politica, qui, non è dettata da esigenze di governo, ma da sfide di “pennacchio” di uomo contro uomo.
Ci aveva provato pure Antonio Lo Schiavo, il giovane venuto dal nulla, improvvisamente candidato a sindaco di Vibo Valentia con il sogno della “smart city” in una city non troppo city che mangia con orgoglio pecorino e “suriaca”, sonoramente bocciato alle ultime amministrative.
Ci aveva provato pure il povero Pietro Giamborino, ancora in cerca di una collocazione politica ideale, spazzato via prima dalle primarie, poi dagli accordi con gli avversari e infine sbattuto fuori dal palazzo.
Ci provano in sordina tantissimi altri. Sparsi in giro per la provincia, con fame e sete di potere, foss’anche la delega ai cimiteri del comune “X”, in attesa del migliore offerente. Piccoli giovani turchi, divisi tra chi gode di una minima autonomia come Vitaliano Papillo a Gerocarne, Giuseppe Navarra a Rombiolo, Antonino Schinella ad Arena, Francesco Bartone a Soriano, Franco Barbalace a Spilinga e chi, invece, vive da dissidente alla Stefano Fassina, tipo Pino Pellegrino a Filadelfia, Daniele De Sossi a Vibo Valentia, Rosanna Federico a Serra San Bruno, Francesco Barbieri a Vibo Marina e Giuseppe Disì. Ed è qui, forse, che si giocheranno le chance di cambiamento.
L’unico che in questa strana convivenza partitica non mette bocca, non manovra – almeno apparentemente – a favore di nessuno, facendosi beatamente i fatti suoi, è il sindaco-immacolato di Pizzo Gianluca Callipo. Vive ormai al di fuori delle beghe della politica di paese. Non ne ha bisogno, del resto. E’ apprezzato da Matteo Renzi, fresco di nomina a presidente nazionale dei giovani dell’Anci, mediaticamente vincente. Non ha bisogno di scendere nell’arena, anche se pare non avere grosse avanguardie locali dalla sua.
Dunque, in attesa del congresso, nel Pd vibonese tutto è come sempre. Litigioso, confuso. Caratteristica, questa, che piace e conviene solo ad uno.
E chi sarà mai...?.
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