Dal tentato omicidio, alla detenzione e porto di armi, passando per il riciclaggio, tutti reati aggravati dal metodo mafioso.

Di questo sono accusate a vario titolo dodici persone, rinviate a giudizio nell’ambito del procedimento antimafia "Black Widows", nato per far luce sul duplice tentato omicidio di Giovanni Alessandro Nesci e del fratello 13enne, affetto da sindrome di down, avvenuto a fine luglio 2017 in pieno centro a Sorianello. Un fatto questo che, secondo gli inquirenti, si inquadrerebbe nella sanguinosa faida di ‘ndrangheta tra il clan dei Loielo e quello degli Emanuele, che sta interessando da diversi anni il territorio a cavallo tra i centri di Soriano, Sorianello e Gerocarne.

Nessuna parte civile si è costituita nel processo.

Alla base dell’accaduto ci sarebbe l’operato «donne della famiglia Inzillo, che si è contraddistinto per l’inusitata violenza delle affermazioni, per la determinazione evidenziata nei propositi omicidiari, per il costante incentivo all’azione assicurato in favore dei “maschi buoni” della famiglia (ossia gli uomini capaci di commettere le azioni delittuose) nonché per l’apporto che in prima persona le stesse hanno garantito nella custodia delle armi». In tutto questo, singolare è stato il «coinvolgimento dell’anziana madre», che sarebbe stata indotta dalle figlie a nascondere una pistola nella propria biancheria intima, al fine di fugare eventuali controlli da parte delle forze dell’ordine. Il 12 novembre dovranno presentarsi davanti al tribunale collegiale di Vibo Valentia, Michele Nardo, 47 anni; Vincenzo Cocciolo, 30 anni; Gaetano Muller, 19 anni; Rosa Inzillo, 50 anni; Viola Inzillo, 52 anni, Domenico Inzillo, Teresa Inzillo, 56 anni, Antonio Farina, 43 anni, Salvatore Emmanuele, 24 anni, Maria Rosa Battaglia, 84 anni, Ferdinando Bartone, 19 anni, Michele Idà, 21 anni. Le indagini sono coordinatore dal procuratore capo della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri, dal sostituto Annamaria Frustaci e dal sostituto procuratore di Vibo Valentia, Filomena Aliberti.