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Il gup Gabriella Lupoli ha depositato nei giorni scorsi le motivazioni della sentenza di assoluzione del medico Gerardo Rinaldo Bertucci, imputato per omicidio colposo nel processo scaturito a seguito della morte di Giuseppe Schiavello, imprenditore serrese di 62 anni, deceduto l’1 febbraio 2011.
La condotta di Bertucci - che, in passato, ha ricoperto tra gli altri anche i ruoli di vicesindaco di Serra San Bruno e consigliere provinciale – è stata ritenuta corretta contrariamente a quelle dei sanitari dell’ospedale di Serra e, nel giudizio abbreviato del 29 giugno scorso, è uscito assolto per non aver commesso il fatto dalle contestazioni di aver effettuato una diagnosi errata mosse nei suoi confronti.
L’edizione odierna del “Quotidiano del Sud” ha riportato le motivazioni della sentenza. A parere del giudice Lupoli «se è pure vero che nella condizione preoccupante ed ingravescente che appariva ai familiari, unita a quella preesistenti (paziente non giovane, affetto da serie comorbidità e da immunodeficienza) e tutte le note al medico curante, secondo il comune sentire ci si sarebbe comprensibilmente aspettati indicazioni “meno attendiste”, non può per questo dirsi che, tale atteggiamento, abbia inciso in maniera determinante ed irreversibile sul decorso eziologico, non integrando profili di colpa generica o specifica tali da fondare l’affermazione di penale responsabilità». Nella sentenza viene poi evidenziato che, i dati clinici riscontrati all'ingresso ospedaliero, appena 4 ore circa dopo la seconda visita domiciliare del 31 gennaio, evidenziassero «condizioni obiettive generali non particolarmente gravi (insufficienza respiratoria di grado moderato) così come erano assenti turbe del sensorio che, rappresentandola spia principale di ipossiemia in paziente pneumologico, depongono per il ricovero in ambiente ospedaliero». Ricovero, tuttavia, non consigliato dall’imputato e questo, secondo il gup, poiché evidentemente vi era «assenza di segnali sospetti all’auscultazione toracica (nel 50% dei casi la polmonite è silente); per l’età e marcata ragionevolezza del paziente». Ricovero che, tuttavia, era avvenuto per iniziativa dei familiari in seguito a ulteriore peggioramento del paziente nel pomeriggio. In tale arco temporale, secondo il magistrato, verrebbe confermato un dato: la patologia, infatti, deve aver avuto un viraggio negativo e repentino. In sostanza, dunque, non sarebbero state fatte “le cose giuste” in ambito ospedaliero, e cioè a «stabilizzare il quadro funzionale respiratorio mediante ventilazione meccanica non invasiva trattandosi di soggetto in ipossiemia refrattaria all’ossigenoterapia, come rilevano gli allarmanti esiti dei due EGA arteriosi evidenzianti risultati immutati, per poi approdare idonee terapie sia nel sospetto di Ards che trombo embolia polmonare». Pertanto, l’insorgenza di tale grave complicanza «non era rilevabile né sospettabile dall’imputato». Il giudice, invece, individua le colpe nei sanitari dell’ospedale.
A condurre gli accertamenti sul cadavere del 62enne erano stati i due medici legali Katiuscia Bisogni e Berardo Cavalcanti, incaricati dal pm Sirgiovanni, mentre il consulente di parte nominato dal dottore Bertucci era Rocco Pistininzi.
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