Martedì, 02 Ottobre 2018 11:52

I Lo Bianco non volevano in casa i suoi figli, 40enne sequestrata e picchiata per 17 ore

Scritto da Redazione
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Sarebbe stata prelevata per strada, trasportata in un capannone agricolo dove, poi, è stata picchiata e seviziata per più di 17 ore.

Un vero e proprio incubo, quello vissuto il 22 settembre scorso da una 40enne di Rombiolo, sul quale hanno fatto chiarezza i carabinieri della Compagnia di Vibo Valentia che, stamattina, hanno dato esecuzione - in Calabria ed Emilia Romagna - al provvedimento cautelare emesso dal Tribunale di Vibo Valentia nei confronti di tre indagati per aver privato, in concorso tra loro, della libertà personale della donna, percossa ripetutamente per oltre 17 ore con calci, pugni e bastoni.

L’intera vicenda trae origine dalla denuncia di scomparsa della 40enne presentata la mattina del 23 settembre scorso ai carabinieri della Stazione di Rombiolo dal figlio della donna. Ricevuta la segnalazione, i militari hanno avviato subito le ricerche attivando la Stazione carabinieri che ha competenza sul territorio Jonadi, ultimo domicilio comunicato al figlio da parte della madre. Per rendere più speditive le ricerche, i carabinieri di Filandari hanno anche contattato telefonicamente il convivente della vittima il quale, durante la conversazione, secondo i militari, si dimostrava stranamente poco interessato alla vicenda. Per questo motivo, i carabinieri hanno raggiunto l’abitazione dell’uomo e, una volta giunti sul posto, si sono trovati davanti a una situazione poco chiara: l’uomo contattato poco prima telefonicamente, infatti, era impegnato a trasportare a bordo della propria autovettura proprio la donna che gli inquirenti stavano cercando. Colto di sorpresa, l’uomo ha spiegato ai carabinieri che, dopo la loro telefonata, si era messo alla ricerca della compagna e, trovandola riversa per strada in stato di semi coscienza con evidenti ecchimosi sul volto, la stava trasportando all’ospedale di Vibo. La 40enne, posta in codice giallo dai medici del pronto soccorso, presentava tumefazioni e lividi sparsi su tutto il corpo e, inoltre, aveva profondi solchi sui polsi e sulle caviglie. All’interno della sala d’attesa, nel frattempo, giungevano i familiari della vittima che, alla vista del compagno, sono andati in escandescenza, ma grazie all’intervento dei carabinieri e della Polizia gli animi si sono poi tranquillizzati.

La vittima ha dichiarato ai carabinieri di essere stata prelevata per strada e trasportata in un capannone agricolo dove sarebbe stata picchiata e seviziata. Partendo da queste dichiarazioni, i militari hanno avviato le indagini, eseguendo una serie di perquisizioni su luoghi e veicoli che erano stati potenzialmente utilizzati per compiere il fatto. L’attività ha consentito di rinvenire due corde, un rotolo di nastro da pacchi, probabilmente utilizzati dagli autori per immobilizzare la vittima ed impedirle di parlare. Le ricerche sono state estese anche nei magazzini nella disponibilità della famiglia del compagno della donna dove sono state ritrovate anche le scarpe della vittima. Le prove raccolte e alcune dichiarazioni di testimoni - riferite a momenti antecedenti al sequestro – hanno permesso di ricostruire l’intera vicenda: il convivente della malcapitata, Leoluca Lo Bianco, unitamente ai fratelli Antonio e Salvatore, erano i responsabili della triste storia.

Il 22 settembre, giorno in cui è avvenuto il fatto, durante il primo pomeriggio, mentre la donna era in auto con il convivente, ha ricevuto una chiamata dal figlio, preoccupato in quanto veniva pedinato dai fratelli di Leoluca Lo Bianco. Terminata la conversazione, il figlio ha perso ogni traccia della madre. Da quel momento in poi i carabinieri hanno accertato che, dopo la telefonata, ci sarebbe stata un’accesa discussione tra la donna e il compagno, motivo per il quale la 40enne è stata rinchiusa in un capannone da parte dei tre uomini, costretta mediante delle corde ad una canna fumaria per la tostatura delle nocciole, colpita con bastoni di legno e spranghe di ferro, calci, pugni, e lasciata senza cibo ed acqua fino al pomeriggio successivo, quando il compagno, spiazzato dalla convocazione in caserma fatta dei carabinieri di Filandari ha deciso di liberarla inscenando una prestazione di soccorso in suo favore. Il movente dell’accaduto, secondo i carabinieri, è da ricondurre alla contrarietà del compagno della donna e dell’intera famiglia Lo Bianco, ad avere in casa i 2 figli della vittima, avuti da 2 precedenti relazioni. Uno dei tre Lo Bianco è stato catturato a Bologna, dove aveva fatto rientro all’indomani del sequestro, domenica 23. Gli indagati si trovano ora in carcere. Nella triste vicenda risultano coinvolti anche 3 bimbi in tenera età, figli della coppia, i quali – con le dovute cautele - sono stati prelevati dall’abitazione di Leoluca Lo Bianco e affidati alla madre.

I fratelli arrestati oggi sono nipoti del boss Carmelo Lo Bianco, deceduto a dicembre 2016. 

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