Giovedì, 02 Maggio 2019 09:33

Danni da cinghiale, il Wwf vibonese con gli agricoltori: «Ma occorre cambiare strada»

Scritto da Redazione
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Riceviamo e pubblichiamo:

Il Wwf di Vibo Valentia esprime la propria vicinanza agli agricoltori che protestano per i danni arrecati alle colture dai cinghiali, specie dapprima assente e poi immessa sul territorio con i famigerati “ripopolamenti” per fini venatori.

Rispetto ad alcune proposte avanzate dalle stesse associazioni agricole, il Wwf manifesta però alcuni dubbi, suffragati dalle esperienze negative verificate in tutti questi anni. Il Wwf auspica a tale proposito un approccio diverso da quello fin qui adottato, considerato che, per come ammesso dalla stessa Regione, “nonostante il forte prelievo venatorio” e i cosiddetti “abbattimenti selettivi a caccia chiusa”, il cinghiale continua ad essere indicato sempre “in forte aumento” e permangono i danni all’agricoltura.

Il problema va dunque affrontato con un sistema di misure diversificate che puntino soprattutto sulla prevenzione del danno, essendo oggettivamente la completa eradicazione un obiettivo impossibile da raggiungere, vista la particolare conformazione orografica e vegetazionale del territorio e la complessa e mutevole dinamica di popolazione che caratterizza la specie. Premessa indispensabile per qualsiasi attività di gestione faunistica è però quella della disponibilità dei dati, che siano chiari e attendibili, elementi che sembrano mancare nei piani di abbattimenti previsti dalla regione. Basti pensare che ci sono anni in cui né le province, né gli ATC hanno fornito i dati sui carnieri e che, come ammesso dall’Ente Regione “le immissioni non autorizzate sfuggono a qualsiasi controllo sanitario e di pianificazione faunistica”. Ciò a riprova del fatto che è la caccia al cinghiale che alimenta se stessa e che nessuna squadra porterà mai alla completa scomparsa della specie sul proprio territorio, perché sarebbe come autocondannarsi all’estinzione.

Lo stesso ricorso agli indennizzi, con tutti i ritardi e le lungaggini burocratiche lamentate dagli agricoltori, non fa che intervenire sul danno una volta compiuto, impegnando ingenti risorse che invece potrebbero servire per limitare i danni, intervenendo sulle cause, considerato che il risarcimento non potrà mai ripagare completamente il mancato reddito.

Nonostante il richiamo degli stessi piani regionali a “privilegiare in primo luogo i metodi ecologici in grado di contenere l’espansione della specie e i danni”, non risulta impegnato neanche un euro per il ricorso ai recinti di cattura, alle catture con trappole a cassetta o per contributi alle aziende agricole per l’acquisto di reti elettrificate, recinzioni fisse, o di dissuasori temporanei.

I recinti di cattura, del diametro di 15-20 metri, opportunamente collocati sul territorio, permettono di catturare anche gruppi di venti o trenta animali, ma si possono impiegare anche impianti più piccoli per catture più limitate. Da sottolineare che questi impianti catturano maggiormente femmine e giovani, cioè proprio quelle categorie che arrecano più danni all’agricoltura, a differenza di quanto accade con gli abbattimenti selettivi.

Infatti, rispetto al piano di abbattimenti del 2017, che prevedeva almeno il 60% dei giovani da eliminare, questi ultimi hanno rappresentato appena il 34% e gli adulti il rimanente 66%, cioè esattamene l’opposto di quanto previsto.

La stessa cosa si sta verificando in questi giorni, in cui su 31 cinghiali abbattuti al 17 aprile, ben 29 avevano un’età superiore ad un anno.

L’iniziale spesa per i metodi alternativi si tradurrebbe nel medio e lungo periodo in un risparmio dovuto alla riduzione delle somme elargite per gli indennizzi. Rispetto dunque a iniziative sicuramente più impegnative sul piano organizzativo, ma suscettibili di risultati migliori, si preferisce la via più semplice, demagogica, ma inefficace, perseguita di anno in anno.

Appare sempre più chiaro perciò come le iniziative regionali siano puntualmente finalizzate a dare un contentino a tutte le categorie interessate: agli agricoltori, facendo finta di intervenire con gli abbattimenti selettivi e prospettando ogni volta la soluzione del problema, ai cacciatori regolari mantenendo comunque una presenza sul territorio della specie senza la quale finirebbe la caccia al cinghiale, e ai selettori, consentendo di andare a caccia praticamente per tutto l’anno. Cosicché, piuttosto che garantire incentivi economici e sistemi alternativi validi alle aziende agricole, si continua a…menare il cinghiale per l’aia prospettando soluzioni miracolose puntualmente smentite dai fatti.

A meno che, visto che con 70 cinghiali abbattuti fino ad oggi, pare che le richieste di risarcimento danni da parte degli agricoltori si siano “dimezzate”, è lecito dedurre che, una volta abbattuti tutti i 180 cinghiali previsti, tali richieste scenderanno a zero e che quindi gli agricoltori, invece di manifestare, possono starsene tranquilli e lasciare i trattori in azienda: basta solo avere un po’ di pazienza.

Purtroppo, visti i precedenti, temiamo che non sia così.

Wwf Vibo Valentia

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