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Il Tribunale del Riesame ha rigettato i ricorsi presentati dai quattro indagati accusati a vario titolo di essere gli ideatori e i mandanti dell’attentato che, il 9 aprile scorso, a Limbadi, costò la vita a Matteo Vinci, biologo di 42 anni ucciso dallo scoppio di un'autobomba.
Rimangono, dunque, in carcere Rosaria Mancuso, di 63 anni; il marito Domenico Di Grillo, di 71 anni; la figlia della coppia, Lucia Di Grillo, di 29 anni e il marito Vito Barbara, di 28 anni. Ha retto anche di fronte al Riesame l’inchiesta condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e dai carabinieri del Nucleo investigativo di Vibo Valentia. I quattro si trovano dietro le sbarre dal 29 giugno scorso e sono accusati a vario titolo anche di due tentati omicidi ai danni del padre della vittima, Francesco Vinci, oltre che di tentata estorsione e detenzione illegale di armi. Secondo la Dda, l’autobomba che ha causato la morte di Matteo Vinci e il ferimento del padre Francesco sarebbe stata la risposta di alcuni componenti del clan Mancuso (Rosaria Mancuso è sorella dei boss Giuseppe “’Mbrogghia”, Diego “Mazzola”, Francesco “Tabacco” e Pantaleone “Ingegnere”) alla mancata cessione di alcuni terreni agricoli da parte dei Vinci.
Gli avvocati degli indagati hanno già annunciato il ricorso in Cassazione.
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