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SERRA SAN BRUNO - E' una morte atroce quella a cui è andata incontro Rosa Tassone, 80enne serrese che viveva da sola a due passi da corso Umberto I. L'anziana donna, oggi pomeriggio, è stata trovata morta riversa sul braciere che usava per riscaldarsi, mentre la sua casa andava a fuoco. Ad accorgersi del fumo che fuoriusciva dalle finestre sono stati i vicini di casa, che hanno forzato la porta d'ingresso ma che non sono riusciti ad entrare a causa del divampare delle fiamme. L'incendio è stato domato dai Vigili del fuoco del distaccamento di Serra San Bruno, subito intervenuti, ma purtroppo per la donna non c'era più nulla da fare. Secondo una prima ricostruzione, Rosa Tassone potrebbe aver accusato un malore a causa delle esalazioni del braciere, e potrebbe aver perso conoscenza cadendo sulle braci, che l'hanno uccisa. Una morte tremenda che ha lasciato sgomenti parenti e vicini di casa della donna, una delle ultime rappresentanti di quella civiltà contadina che va ormai sparendo e che ha costituito la spina dorsale della società serrese. Una parente di Rosa Tassone che si occupava di lei, recentemente le aveva chiesto di utilizzare una stufa elettrica, ma lei ha insistito per tenersi il suo braciere, compagno forse unico di tante serate solitarie diventato, purtroppo, lo strumento di un destino crudele.
’ morta Angela Casella. La “madre coraggio” si è spenta a Pavia, dopo una lunga malattia. Angela (anche se all'anagrafe era Angelina) Montagna Casella se ne è andata ieri sera, all'eta' di 65 anni, nella sua casa di via Vigentina a Pavia. Accanto a lei, fino all'ultimo, il marito Luigi ed i figli Carlo e Cesare.
Nell’estate del 1989 si incatenò nelle piazze dei paesi dell’Aspromonte per risvegliare l’opinione pubblica sulla piaga dei sequestri di persona e sollecitare così la liberazione di suo figlio Cesare, vittima di un rapimento di ‘ndrangheta.
Figlio del titolare di una concessionaria di auto, Cesare Casella venne rapito a Pavia il 18 gennaio 1988, quando era appena diciottenne. Il suo fu uno tra i sequestri di persona più lunghi, infatti fu ostaggio dei suoi rapitori per 734 giorni.
Questo lungo calvario spingerà Angela a manifestare pubblicamente la sua disperazione di madre. La sua determinazione, che porterà i mass-media a coniare per lei il soprannome di Mamma Coraggio, crea uno rumoroso squarcio nel velo di silenzio e di omertà della Calabria di fine anni ‘80. La sua battaglia porterà lo Stato a incrementare il numero di militari in Aspromonte rendendo capillari le ricerche di sequestrati e latitanti.
Cesare fu liberato solo il 30 gennaio 1990, due anni dopo il rapimento. Proprio Angela, con la sua lotta estenuante, ebbe il merito di risvegliare l’opinione pubblica e sensibilizzare la coscienza dei calabresi. La liberazione di Cesare Casella segnò, di fatto, la fine della famigerata “industria” dei sequestri calabrese.
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