Il Vizzarro.it - quotidiano online
Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
La Pro Loco di Simbario è stata depennata dall’albo delle associazioni turistiche. Il provvedimento, deciso dall’amministrazione provinciale, è stato reso effettivo attraverso una determina sottoscritta dal dirigente del settore Turismo, Giacomo Consoli.
Assieme alla Pro Loco di Simbario, contestualmente, sono state soppresse anche quelle di Zungri, Joppolo e Briatico. La decisione risulta connessa alla «evidente» e duratura inattività gestionale ed amministrativa del sodalizio, considerata, dunque, in totale violazione della normativa vigente in materia, oltreché con quanto previsto espressamente dallo statuto delle stesse associazione. L’inadempienza sarebbe emersa in seguito a dei controlli amministrativi effettuati direttamente dagli uffici della Provincia, nonché da verifiche dirette in merito ad eventuali attività ed iniziative poste in essere dall’associazione simbariana. Ciò confermato dal fatto che proprio al settore Turismo della Provincia di Vibo Valentia, ormai da diverso tempo, non sarebbero giunte alcune comunicazioni da parte dei referenti della Pro Loco, né dai soggetti che avrebbero dovuto rivestire ruoli inerenti alle cariche associative. Nulla, inoltre, risulterebbe comunicato in merito alle eventuali riunioni del Consiglio di amministrazione, del Collegio dei revisori dei conti, delle assemblee ordinarie dei soci.
L’ormai ex Pro Loco di Simbario, costituita come associazione turistica e denominata “Pro Loco Synbaros”, con sede in via Rione Cittanova n.43, era stata dapprima depositata all’Agenzia delle Entrate in data 11 luglio 2011 ed iscritta poi all’Albo delle Pro Loco di Vibo Valentia il successivo 22 luglio. Dopo poco oltre tre anni, quindi, alla luce dell’inattività gestionale ed amministrativa ravvisata dai burocrati provinciali, il sodalizio è stato considerato inattivo e di conseguenza escluso d’ufficio dall’Albo.
La tre giorni dello Spadola Loves Folks, divenuta negli ultimi anni un appuntamento imprescindibile per molti tra turisti e residenti, che avrebbe dovuto raggiungere la sua quarta edizione, è stata però quest’anno definitivamente depennata dal calendario degli eventi spadolesi a causa dell’esigue disponibilità delle casse comunali. Allora, per ovviare all’altrimenti inevitabile appiattimento sociale e soprattutto per consegnare ancora una volta il giusto lustro alla celebrazione civile in onore del protettore San Nicola di Bari, a Spadola, a prendere in mano le redini della festa è stato un gruppo di giovani del luogo, gli Spadola's Friends. I ragazzi - una quindicina di “spadolesi doc” - hanno deciso di promuovere un calendario di eventi di tutto rispetto, ciò nonostante abbiano trovato ad ostacolare il loro percorso non poche difficoltà, soprattutto di matrice economica, visto che non hanno potuto giovare di alcun finanziamento istituzionale.
Grazie alla pronta disponibilità ed ai contributi elargiti da aziende ed attività commerciali stanziate sul territorio, ma soprattutto attraverso una raccolta fondi finanziata dall’obolo volontario dei cittadini che hanno acquistato i tagliandi per partecipare ad una riffa, il gruppo di giovani organizzatori è comunque riuscito ad offrire per questo weekend il giusto risalto ai festeggiamenti, arrivando a promuovere un programma di spessore.
Il fitto calendario di eventi, infatti, ha già avuto avvio, lo scorso giovedì 24 luglio, con l’accensione dei caratteristici fuochi di paglia “Puricinedhjia” per l’inizio del novenario. Si riprenderà domani, giovedì 31 luglio, dalle ore 20.00, con lo stand gastronomico curata dalla “Trattoria da Rosa” e allietato dal karaoke di Roberto Garieri. Per tutta la giornata successiva, il gruppo dei volontari della Protezione Civile “Cives e Prociv Augustus di Vibo Valentia”, terrà l’attività di “istruzione per le tecniche di primo soccorso”, oltreché i giochi interattivi per bambini e simulazioni teorico-pratiche per adulti, mentre in serata, dalle ore 21.00, il dott. Tassone Domenicantonio delizierà i presenti con una serata di musica folk. A seguire, il tradizionale ballo di la “Vaccaredhjia”. Sabato 2 agosto, dalle 22.00, in piazza, il concerto “Altri Mondi tour” dei Sabatum Quartet. Domenica 3 agosto, la chiusura degli eventi, con i giochi popolari, dalle ore 16.30, seguiti alle 21.00 da una serata musicale.
Il 18 luglio 1974, giusto 40 anni orsono, moriva a Roma Mons. Bruno Pelaia, Vescovo di Tricarico. È stato l’ultimo, in ordine cronologico, dei prelati figli di Serra San Bruno, feconda terra di spiritualità. I suoi predecessori, li ricordiamo, furono: Mons. Domenicantonio Peronaci (1682 – 1775) vescovo di Umbriatico; Mons. Domenico Giancotti, vescovo di Isola Capo Rizzuto; Mons. Giuseppe Barillari, Pastore di Cariati (1847-1902); coevo a questi fu Mons. Biagio Pisani (1850 - 1919), arcivescovo di Famagosta, Cesarea e Lepanto; l’arcivescovo di Rossano Calabro, Mons. Bruno Maria Tedeschi, morto a Salerno nel 1843.
Il nostro Mons. Bruno Pelaia nasceva, sulle sponde dell’Ancinale e all’ombra della millenaria Certosa, il 27 maggio 1903. Nasceva, come ci ricorda il compianto Sharo Gambino nel suo “Sull’Ancinale…” (Ed. Mit. 1982), «da umile famiglia nella quale c’era stato già un suo zio prete memorabile per bontà e semplicità, don Angelo Pelaia, morto per improvviso attacco cardiaco mentre sull’altare della chiesa dell’Addolorata, dove era padre spirituale, stava officiando il vespro».
Compiuti gli studi ginnasiali nel Seminario di Squillace, il seminarista Pelaia passò al Seminario Regionale di Catanzaro per gli studi liceali e teologici e conseguita la laurea in Sacra Teologia, è stato ordinato sacerdote il 29 luglio 1928 da Mons. Giovanni Fiorentini, arcivescovo di Squillace-Catanzaro e già vescovo di Tricarico. Nello stesso anno si portava a Roma per frequentare il corso triennale di specializzazione in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico e qui, nel 1931, conseguiva la licenza in Materie Bibliche.
Sempre nello stesso anno gli veniva affidata, dalla Sacra Congregazione dei Seminari ed Università degli Studi, la cattedra di Sacra Scrittura, Ebraico e Greco biblico, prima nel Seminario Regionale di Chieti, quindi in quello di Catanzaro e poi nel Pontificio Regionale di Reggio Calabria.
Di nuovo a Catanzaro, dal 1954, nel ricostruito Seminario Teologico, distrutto dai bombardamenti, e qui vi rimaneva per molti anni. In questo trentennio è stato apprezzato e chiarissimo maestro portando l’alto livello scientifico del Cardinale Agostino Bea e di Padre Alberto Vaccari, dei quali era stato fedele allievo. Tanti sono i suoi lavori editoriali lasciatici in eredità: Traduzione dai testi originali, ebraico ed aramaico, dei libri di Esdra e Neemia (Ed. Marietti, Torino 1957); La Rivelazione (Lezioni di Teologia per Laureati, Reggio C. 1947); la collaborazione per la sezione biblica alla Enciclopedia Ecclesiastica (Marietti - Vallardi 1941); alcune monografie su: Sant’Alberto Magno (Chieti 1932), L’abbandono di Gesù in Croce (Roma 1934), L’Eucarestia nel Vangelo (Teramo 1935), L’apostolato nel pensiero e nel cuore di S. Paolo (Roma 1936), Il Professor Francesco Scerbo, orientalista calabrese (Milano 1958), Eschatologia messianica Quarti Libri Esdrae (Roma 1931)
Così scriveva il Bollettino Diocesano di Tricarico nel 1960: «Singolarmente impegnativo è l’insegnamento dell’esegesi e delle altre materie bibliche, sicché prendono molte ore di studio ed obbligano ad un continuo aggiornamento. Ma il prof. Pelaia ha sempre voluto mettere a servizio della Chiesa, oltreché il suo intenso studio, anche il suo sacerdozio. Sacrificando perciò il tempo del suo riposo, ascoltava volentieri le confessioni ed impartiva la direzione spirituale ai seminaristi...assolveva con la precisione e la competenza, che lo distinguono, il delicato compito di confessore ordinario e straordinario delle comunità religiose affidategli dagli Ecc.mi Vescovi; si prestava ben volentieri nel ministero delle confessioni anche al popolo...L’A. C. ha trovato in Monsignor Pelaia il sacerdote assistente ed il maestro nei corsi regionali e diocesani, sia per la FUCI che per la G. F., per i Laureati ed i Maestri Cattolici, domandandovi bontà sacerdotale e chiarezza di dottrina. In questo succedersi di lavoro senza pausa, è doveroso ricordarlo, mai fu vinto da stanchezza o impazienza, ma l’affabilità ed il sorriso erano la veste e l’anima del suo apostolato....Ovunque Mons. Pelaia si distingueva per serenità e precisione, fedeltà e praticità».
Nel 1960, il 29 giugno festa di San Pietro, nella Basilica dell’Immacolata di Catanzaro, Bruno Maria Pelaia riceveva, dall’allora arcivescovo catanzarese Armando Fares, la Consacrazione Episcopale. Il 14 agosto, accolto festosamente da clero e fedeli, arrivava a Tricarico, in provincia di Matera, doveva iniziava il suo apostolato di Pastore prima come vescovo titolare di Landia, quindi Coadiutore del vescovo di Tricarico Mons. Raffaello Delle Nocche e, alla morte di questi, Vescovo di quella Chiesa il 10 febbraio 1961, prendendone solenne possesso l’11 maggio 1961.
È stato uno zelante, amico e severo Pastore della sua Chiesa e soprattutto un Padre, un Padre particolarmente rivolto ai suoi seminaristi, ai quali donava tutto il suo interesse, li aiutava nei problemi personali, li aiutava anche materialmente perché potessero proseguire con serenità i loro studi e per essi istituì con i propri risparmi una borsa di studio diocesana e segnatamente per quelli più bisognosi. E ancora. Il magistero pastorale di Mons. Pelaia, durante i suoi quattordici anni di episcopato, si è sviluppato in vari modi: dai discorsi e dalle conferenze, dalle esortazioni semplici per i fedeli semplici e soprattutto attraverso le dodici lettere pastorali indirizzate a clero e popolo finalizzate al richiamo alla fede, alla fedeltà alla chiesa, all’autentica e genuina interpretazione del Concilio. Scriveva nella 1^ Lettera Pastorale: «Siate fermi nella fede in Dio Padre Onnipotente, senza di cui non si comprende il mondo, la vita, il nostro destino, la storia stessa. Una raffica violenta di materialismo ateo si appresta, con malcelata baldanza, ad avvelenare le nostre popolazioni semplici e laboriose con orpelli di progresso, di scienza e di benessere».
Ed in altra Lettera: «La fede è adesione personale, convinta, sofferta, che non può trovare surrogati di nessun genere;... è il “sì” che consente al pensiero divino di entrare nel nostro, per arricchirlo, per illuminarlo e per conseguenza impone alla nostra vita scelte nuove e impegnative, non solo nel settore intellettuale e ideologico ma anche e soprattutto in quello morale, professionale e familiare».
Il Prelato serrese avrebbe voluto donare di più, «dolente se per motivi di salute non sempre ho potuto mettere in opera quanto avrei desiderato e talvolta anche dovuto», chè i suoi quattordici anni di episcopato tricaricese furono caratterizzati da condizioni fisiche assai precarie con frequenti ricoveri ospedalieri. Le note delle “Attività del Vescovo” si son fermate al 31 dicembre 1973. E però non si rese estraneo alla vita della Diocesi, fu sempre “presente”.
Ma, confortato dalla presenza affettuosa di pochissimi intimi e di alcuni familiari che erano sopraggiunti da Serra San Bruno, all’età di 71 anni, Mons. Bruno Maria Pelaia si è spento a Roma alle 9.30 del 18 luglio 1974. Aveva tanto amato la sua Serra, non se n’era mai dimenticato, vi tornava sempre d’estate, nella casa del fratello Angelo e circondato dai devotissimi nipoti, per ossigenare il corpo e rinforzare la sua spiritualità davanti alla tomba del Santo di Colonia. Chi scrive lo ricorda nelle sue passeggiate serali nei pressi della chiesetta di san Rocco assieme ai giovani seminaristi serresi oggi apprezzati e amati sacerdoti.
Serra San Bruno, la madre terra, lo ha sempre amato e cercato. E dalla Serra San Bruno di oggi, Mons. Bruno Pelaia meriterebbe maggiore attenzione e memoria anche in questo 40° della sua morte.
Mimmo Stirparo
Dopo gli acquazzoni di questi ultimi giorni, il tempo nel comprensorio delle Serre non subirà sostanziali variazioni, anche se sul bacino del mediterraneo, si è venuto a creare un leggero campo di alta pressione, che ha riportato cieli sereni al centro-nord. Dunque, il nostro territorio risentirà ancora dell’influenza della perturbazione nord atlantica che si è abbassata durante la settimana scorsa, portando le temperature su valori quasi autunnali. Questo trend che si è andato a configurare, continuerà a manifestarsi per almeno altri due giorni, nei quali si avrà una discreta probabilità di temporali che si potranno concentrare nelle ore più “calde” della giornata, ovvero nel momento in cui l’insolazione avrà generato un flusso di calore, tale da generare i consueti cumuli, che in talune occasioni riescono a scaricare ingenti quantità di pioggia in porzioni di territorio molto ristretto.
A tal proposito è curioso vedere alcuni dati pluviometrici relativi al 15 luglio scorso che riportano soli 16,4 mm di pioggia caduta a Serra San Bruno; 24.6 mm a “Croceferrata – Cassari”; 35mm nel territorio di Pizzoni e, addirittura, 51 mm ad Arena.
Le temperature rimarranno sempre su valori inferiori rispetto alla media del periodo, in particolare le massime che in condizioni di copertura nuvolosa non supereranno i 20°C. Per avere un deciso cambiamento si dovrà aspettare la giornata di domenica, con temperature che si porteranno finalmente su valori estivi. La giornata più calda sarà quella di lunedì 21, con temperature che potranno raggiungere i 28-29°C. Ma non cantate vittoria, questo caldo durerà veramente poco, infatti, come si evince dagli spaghi, già da martedì 22 le temperature subiranno un crollo portandosi nuovamente su valori autunnali.
Le precipitazioni si potranno concentrare nella giornata di oggi (17 luglio) e domani (18), con dei brevi temporali nelle ore pomeridiane della giornata.
"Spaghi" 17 luglio - Serra San Bruno (clicca sull'immagine per ingrandire):
La sanità regionale affossa sempre più. Ora, come già era nell’aria da tempo, a chiudere battenti potrebbe essere il Popolo oncologico della Fondazione Campanella di Catanzaro, unico centro oncologico di eccellenza nell’intera regione. Il provvedimento, che porterà contestualmente anche al licenziamento irreversibile dei 180 dipendenti occupati nella struttura, è stato reso noto qualche ora fa dai vertici amministrativi e sanitari dello stesso Polo.
Il management della fondazione Campanella è stato, infatti, costretto ad avviare la procedura che porterà, a partire dal prossimo giovedì 17 luglio, alla soppressione di tutte le attività di ricovero ed ambulatoriali, svolte fino ad ora nella struttura di Germaneto. Secondo quanto comunicato dagli stessi dirigenti del Campanella, «non vi sono più le condizioni per garantire la sicurezza dei pazienti e degli operatori sanitari».
La decisione è stata ufficializzata anche tramite una lettera indirizzata all’attenzione del Governo, dove testualmente viene indicato come il Centro oncologico – di proprietà della Regione Calabria e dell’Università Magna Græcia di Catanzaro – sia stato trasformato nel tempo «in una clinica privata e ridotto in una situazione economica disastrosa, costretto a chiedere in prestito farmaci alle altre strutture sanitarie per non interrompere le cure dei propri pazienti».
Nella stessa missiva sottoscritta direttamente dal Direttore generale Mario Martina e dal Presidente Paolo Falzea, viene sottolineato, inoltre, come l’imminente soppressione riguardi il fallimento di un «progetto culturale» imprescindibile per la rete sanitaria ed universitaria calabrese e non solo. Un dramma che «sta facendo affondare la Fondazione in un mare di debiti costringendola a chiudere i battenti» con circa, al momento, 500 pazienti «che sono in cura presso il Centro costretti a trovare un'altra struttura». Tutto ciò, viene fatto notare, «mentre nella vicina Crotone sta avviando la sua attività un Centro oncologico veramente privato».
Già lo scorso 19 maggio tutti i soggetti istituzionali interessati alla questione erano stati informati della condizione a dir poco complicata in cui verteva il presidio. In seguito il consiglio regionale ed il presidente dalla giunta regionale facente funzioni, Antonella Stasi, avevano dichiarato l’intenzione di avviare tutte le procedure utili a perseguire una giusta risoluzione del problema, tanto che la paventata soppressione era stato prolungata proprio fino alla scadenza del 17 luglio prossimo. Ma, a soli sei giorni di distanza, come rimarcato dalla lettera presentata oggi, «non si sa se e quando saranno trasferite le risorse necessarie per poter acquistare farmaci, dispostivi medici e pagare gli stipendi ai dipendenti». «Per la gestione di tutte le attività – si aggiunge nella nota – da parte della Fondazione sono necessari circa 30 milioni all'anno; ne sono stati previsti solo 10 milioni. Solo per la gestione delle attività non oncologiche un'apposita commissione paritetica Università - Regione ha stabilito il costo in circa 26 milioni all'anno».
«Sarà sempre la Regione – continua la nota – nei prossimi anni a pagare comunque i debiti accumulati dopo aver distrutto una struttura ove sono presenti eccellenti competenze che non possono essere sminuite nella loro professionalità da miopie di vario genere. Quotidianamente siamo costretti a ricorrere allo scambio al prestito di farmaci con altri ospedali della Regione; le case farmaceutiche si rifiutano di fornire i farmaci e dispositivi medici che comunque devono essere pagati in anticipo dopo estenuanti trattative». Nel comunicato è evidenziato inoltre che «già dal 14 luglio non sarà possibile effettuare presso la Fondazione le Pet. Nei prossimi giorni si darà corso ad ulteriori iniziative giudiziarie nella speranza che sia ancora la volta la magistratura ad intervenire per ripristinare il diritto alla salute dei cittadini calabresi».
Nonostante la religiosità ostentata la domenica in chiesa dal popolo calabrese e la “completa” sottomissione alle parole di Papa Bergoglio (dimostrata giusto quindici giorni addietro durante la visita pontificia a Cassano Jonio), sembrerebbe che il rispetto delle cattive convenzioni (non) sociali abbia il sopravvento su tutto. Il singolare gesto di Papa Francesco, che dalla piana di Sibari ha tentato di tracciare un futuro migliore per il popolo di Calabria scomunicando i mafiosi, non ha avuto seguito.
Come tutti oramai sanno, la processione della Madonna delle Grazie ad Oppido Mamertina (2 luglio scorso) è stata teatro di un vile atto che ha allarmato il campanello della cronaca nazionale. Durante il consueto corteo in occasione della festa religiosa, i fedeli al seguito della statua e coloro che la portavano in processione, hanno fatto una sosta sotto la casa del presunto boss Giuseppe Mazzagatti (82 anni, agli arresti domiciliari), in segno di omaggio. Nei giorni trascorsi, sulla scorta delle parole di Papa Bergoglio, tutti hanno cercato a loro modo di denunciare il fatto. Il risultato, in termini di sensibilizzazione è stato alquanto deludente.
Ieri, la figlia di Mazzagatti, con uno sproloquio tra il sacro e il profano, ripresa da Il Fatto Quotidiano, ha smentito tutto, sostenendo che durante la processione non c'è stato nulla di anomalo, che la 'ndrangheta non esiste e che i suoi familiari – ingiustamente detenuti – sono stati condannati «come Giuda ha condannato il Signore». I detenuti del carcere di Larino, in provincia di Campobasso, hanno disertato la messa domenicale per protesta contro la scomunica lanciata dal Papa, quasi come per dire «siamo tutti mafiosi e dunque, colti dalla scomunica, non vale la pena andare a messa». Due giorni fa, durante la celebrazione della messa a Oppido Mamertina, il giornalista Lucio Musolino de Il Fatto Quotidiano è stato allontanato dalla chiesa dopo che il parroco dall'altare aveva intimato i presenti a prenderlo a schiaffi. Gli stessi non hanno mancato di eseguire l'ordine di don Benedetto Rustico quasi aggredendo il giornalista. Nemmeno in veste di fedele, dunque, qualcuno si è risparmiato nell’ostentare comportamenti malavitosi. Certo la gente non ha fatto e non sta facendo la sua parte, ma dal canto suo, la Chiesa dopo la prima uscita sul proscenio, sembra sparire nel nulla. Le parole di Monsignor Milito, che all’occasione cerca di rassicurare tutti promettendo «chiarezza su quanto avvenuto», non convincono per nulla.
Come ha ricordato ieri in un editoriale il direttore del Corriere della Calabria, Paolo Pollichieni, quando scoppiò il caso di don Memè Ascone, storico parroco di Rosarno che non ha esitato a deporre in Tribunale in difesa di quei boss mafiosi che Papa Francesco ha inteso, invece, scomunicare, monsignor Milito fece visita al sacerdote e gli diede solidarietà. Davanti ai giudici, nel luglio dello scorso anno, il prete si era accomodato per dire: «Penso che Rosarno sia stata messa in una cattiva luce. È stata chiusa la sede scout per mafia, e siamo passati per razzisti, per cattivi contro i negri, c'è stata una serie di cose che hanno buttato fango su Rosarno e sui rosarnesi, e molti stanno pagando innocentemente penso». Tra gli innocenti, don Memè poneva Francesco Pesce, Domenico Varrà e Franco Rao, tutti imputati nel processo “All Inside” e arrestati nel maggio dell’anno scorso. A suo dire la colpa è dello Stato che non dà il lavoro, mentre i mafiosi sarebbero da elogiare perché il lavoro lo danno. D’altronde la Calabria è così assuefatta a commistioni anche molto più gravi di quelle palesatesi lo scorso 2 luglio a Oppido Mamertina, che, forse, se non fosse stata così recente la scomunica del Papa, l’evento sarebbe passato quasi inosservato.
Un triangolo “bianco” che sviluppa i suoi vertici fra Vibo, Reggio e Milano. A scoprire gli altarini di una rete di portata nazionale finalizzata allo spaccio di cocaina nella città meneghina, sono stati - all’alba di questa mattina - gli uomini del Ros dei Carabinieri impiegati nella maxi-operazione “Tamburo”. Le indagini coinvolgono al momento 13 soggetti, tutti pregiudicati, contigui alle cosche dei Mancuso di Limbadi, ai Barbaro-Papalia di Platì e agli Ursino-Macrì di Siderno.
I 13 arresti, eseguiti in seguito all’ordinanza emessa dal gip del Tribunale di Milano, Luigi Varanelli, su richiesta del sostituto procuratore distrettuale antimafia, Piero Basilone, sono stati messi a segno fra le province della stessa Milano, Padova e Catanzaro. Secondo l’inchiesta la nuova rete costituita per lo smercio della cocaina direttamente dalla Calabria alla Lombardia, si era formata di recente in seguito allo smantellamento determinato dall’operazione “Crimine-Infinito”, che aveva fatto luce sulle relazioni fra ‘ndrangheta calabrese e le collegate cosche del milanese. Il 5 luglio 2010 le indagini culminarono nell’arresto, e successiva condanna, di oltre 300 persone colpevoli a vario titolo di omicidio, traffico di sostanze stupefacenti, ostacolo del libero esercizio del voto, riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite quali corruzione, estorsione ed usura: tutti reati resi possibili in forza dell’associazione per delinquere di stampo mafioso.
Il Vizzarro.it - quotidiano online
Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Associazione "Il Vizzarro”
via chiesa addolorata, n° 8
89822 - Serra San Bruno