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Lunedì, 24 Settembre 2012 23:08

Simu vinuti di tantu luntanu

Scritto da Sergio Gambino
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mini bruno_santu_cuosmu“Simu vinuti di tantu luntanu, San Cuosmu e e San Dumianu, purgitindi la manu, simu vinuti cantandu e prigandu lu Patri lu Figghjiu e lu Spiritu Santu”. Con queste frasi, si conclude il pellegrinaggio a Riace, meta di un lungo cammino fatto per rendere omaggio ai Santi Cosma e Damiano, noti anche come i santi medici, ritenuti dalla tradizione due gemelli di origine araba della città siriana di Cirro, medici in Siria. Martirizzati, poi, dai romani sotto l'impero di Diocleziano. Le loro origini, sono comunque avvolte da un alone di mistero, troviamo infatti, una tradizione "Asiatica" nella città di Costantinopoli, capitale dell'impero bizantino; una tradizione "Romana" affermatasi in Siria; una tradizione "Arabica" diffusa in Occidente, precisamente a Roma. Altri, come l’artista Nick Spatari, o  Sharo Gambino, li accostano addirittura ai famosi Bronzi

, i due guerrieri, che secondo Spatari, erano divinità bruzie, venerate in Riace. Il popolo bruzio, utilizzava già la tecnica della fusione “a cera persa”, cosa che insegnarono ai greci, i più famosi colonizzatori della Calabria, che qui crearono la civiltà della Magna Grecia. Dunque Santi in Calabria da oltre duemila anni. Un cammino che non può che suscitare delle emozioni genuine, cosa che difficilmente si può far comprendere con un articolo, con delle parole. Parole che nascono dal viaggio, dal camminare verso due mete, una Riace, quella reale, che riesci ad identificare geograficamente, l’altra interiore, metafisica, immateriale, indefinita, che si pone il compito di andare a scandagliare, nei momenti di riflessione e di cammino tra i boschi, tra la vegetazione che cambia offrendo ora funghi ora fichi d’india, nel profondo di ciascun individuo. Un viaggio, un qualsiasi viaggio, ancor prima di trovare la meta, trova la strada, trova il percorso ed il cammino, anch’esso fatto di cose e di storie, di riferimenti reali, che si fondono, nel gruppo, in un tutt’uno di esperienze, con quelli confinabili alle pure sensazioni, quelli che difficilmente si prestano a farsi imbrigliare dalle parole. Il sacrificio del dolore di tanti piedi e gambe spesso doloranti per l’improvvisa mole di lavoro alla quale vengono sottoposti. Il desiderio e la preghiera comune per una grazia o per la grazia al compagno di viaggio, o per grazia ricevuta. O per fede e devozione. Oppure per tradizione o per lo studio della stessa, dei percorsi, delle parole, dei pensieri e dell’amore di chi abbia, nonostante la perdita di un arto per un incidente, avuto salva la vita, che ha saputo amare e sa amare, amare, come ama l’arte e la famiglia Bruno, e ama i Santi, e con la stessa devozione e gioia di vivere li ha intagliati, e con la stessa devozione canta e fa piangere il suo gruppo di pellegrini alla discesa nella grotta cantando alla Madonna di Monte Stella. Poi l’arrivo e il riposo, a Stignano, e i canti e i suoni e le chitarre e i balli e la felicità e il sonno, nelle macchine, nei sacchi a pelo, spesso con il cielo gonfio di nuvole e piovoso. Poi all’alba si riparte verso la meta. L’arrivo tra la gente, gli archi, le bancarelle con gli ex voto, braccia, gambe, teste di cera, e qualche caffè e poi l’entrata in Chiesa con Bruno e suo cugino “Lu Dottori”, e “Catina”, che cantano la canzone con la quale ho iniziato a parlarvi di questa meravigliosa esperienza. Lungi da me la vicinanza alla Chiesa Cattolica, mi sento al massimo animista da buon calabrese, non condivido quasi niente di quello che è l’istituzione della Chiesa. Seguiamo il pellegrinaggio con devozione e stima verso il popolo e la gente, verso le sue tradizioni, le sue regole e i suoi credo, studiando e conservando e ricordando, insegnando ai propri figli, che la nostra micro comunità è una famiglia, e che dobbiamo imparare a capirci e rispettarci, ognuno di noi per com’è fatto. Assieme verso Riace. Un cattolico e un comunista. Un pellegrino è un rivoluzionario. Alla fine potremo sempre dire, che stavamo andando in pellegrinaggio da Mimmo Lucano, compagno e sindaco illuminato della città di Riace. La città dell’accoglienza. Perché sia Cristo che Marx dicevano…che siamo tutti uguali. 

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