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Venerdì, 01 Maggio 2015 08:51

Il Primo maggio del compagno Orlando

Scritto da Il Brigante
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Il 29 novembre 2001 le pagine patinate di Panorama raccontano, come ogni settimana, l’Italia di quegli anni.

Sfogliando quel numero del settimanale ci si può ricordare dell’indimenticabile e fruttuoso «asse tra Silvio, Tony e Vladimir», o di una calorosa accoglienza riservata in Catalogna a Francesco Cossiga. Tra queste notizie compare anche una foto che sembra quasi disturbare l’impaginazione accattivante (e un po’ artefatta) del settimanale di casa Berlusconi. L’articoletto che affianca la foto è più piccolo della foto stessa. Testatina: «Miti imbarazzanti». Titolo: «Stalin è metalmeccanico?». Il pezzo, un “redazionale”, fa notare con sarcasmo come Liberazione, il giornale di Rifondazione comunista, ha dedicato uno “speciale” dai toni nostalgici a una manifestazione della Fiom che c’era stata qualche giorno prima. Sulla prima pagina del quotidiano, rileva Panorama, «campeggiava una bandiera rossa con i ritratti di Mao Zedong e Stalin, due ferocissimi dittatori responsabili di milioni di vittime. Del resto – si legge ancora sul settimanale – il ritratto di Stalin è stato esibito con orgoglio durante la manifestazione». Quest’ultima frase si riferisce proprio alla “nostra” foto, che campeggia su Panorama con sullo sfondo la testata di Liberazione: l’immagine ritrae un uomo con in mano un grosso cartello che inneggia alla lotta di classe, con sopra le foto di Marx, Engels, Lenin e Stalin.

Panorama scrive una cosa inesatta: quella foto non è stata scattata a quella manifestazione, non è nemmeno del 2001, ma di cinque anni prima. L’ha scattata l’agenzia Contrasto a un corteo di Rifondazione comunista, e l’uomo con il cartello – fatto allontanare dal servizio d’ordine bertinottiano – veniva da Serra San Bruno.

Era il compagno Orlando Calvetta. È di lui che proviamo a raccontarvi, chiarendo subito che parliamo di uno di noi. Un uomo di 80 anni che partecipa alle attività del Comitato e ogni venerdì non fa mancare il suo spirito alle rumorose cene sociali del Brigante. Il suo contributo di esperienza e di saggezza, nella vita quotidiana come nella lotta politica, è per noi prezioso e insostituibile. Quindi siamo di parte e non lo nascondiamo.

Il Primo maggio è il suo giorno. I serresi lo conoscono perché, da almeno vent’anni, per l’occasione monta sulla sua Panda grigia gli altoparlanti da «propaganda» e comincia a macinare chilometri inneggiando alla Festa dei lavoratori e alla lotta di classe. Orlando parla, instancabile, a «chi vive del proprio lavoro»: la festa è loro, degli «onesti», non di tutti. Su questo Orlando non transige, la sua stella polare è e resta «il popolo», «la lotta di classe», «il comunismo», «la scienza applicata alla politica».

«Quando gridi “viva i lavoratori” – spiega – capiscono tutti. Ma quando parli della lotta al sistema capitalista, tra chi non sa e chi non vuole sapere, in pochi “sentono”». Orlando ha rotto con il Pci già negli anni ’60. «Fu allora, ascoltando le parole di Togliatti, che capì che quel partito stava virando verso il capitalismo, stava tradendo i lavoratori. Mi presero per pazzo e diedero loro a me del traditore. Guardate oggi cosa sono diventati, guardate oggi il Pd…». Da allora, racconta, passò vent’anni difficili, in politica. Guardato con sospetto dai tesserati del Pci, ma comunque sempre in campo, nella vita di tutti i giorni, anche da solo, contro la Democrazia cristiana, contro i fascisti. «E a Serra – aggiunge – in quegli anni non era facile. Lo scontro tra il capitale e i proletari lo vivevamo eccome». I suoi primi approcci alla politica li ebbe intorno ai 10 anni, alla sezione “Gramsci” del Pci di Soriano, paese della sua famiglia. Nella sua memoria ci sono le discussioni sulla Repubblica rossa di Caulonia (marzo 1945): «Di quei giorni ricordo i dirigenti sorianesi del partito, comunisti veri, che sollecitavano i compagni a sostenere la piccola rivoluzione di Cavallaro. Ma io ancora non capivo niente…».

Poi si trasferì a Serra, e qui trovò altri compagni con cui avrebbe diviso anni di passione politica totalizzante: Gamo, Mannella, De Stefano. «Loro, molto più di me, dedicavano davvero al partito ogni risorsa, anche economica. E non facevamo solo tessere… Aiutavamo tanta gente che aveva bisogno. Non era carità, provavamo davvero a elevarli dalla loro condizione. All’epoca (anni ’50) la Dc faceva i comizi davanti alla chiesa Matrice, ed esponevano le statue di santi dicendo che noi comunisti le avremmo volute distruggere».  

Non riuscirete mai a convincerlo della malvagità di Stalin, da quell’orecchio Orlando non ci sente. Questo, però, è anche l’aspetto superficiale, quello che spesso genera diffidenza e pregiudizio. Ma Orlando non è solo questo. La partecipazione alle lotte civiche, a esperienze di autorganizzazione popolare, non è solo storia di oggi, per lui. Lo ha sempre fatto e lo fa tuttora.

A fine anni ’50 contestò Giorgio Napolitano durante un comizio a Napoli: gli rinfacciò di essere di destra, e gli disse che a lui i borghesi avrebbero concesso il posto migliore. «È successo davvero…», sorride. Ai tempi degli scioperi per la mancanza dell’acqua, invece, dovette passare qualche ora in caserma, a Serra. «Il capitano dei carabinieri dell’epoca (anni ’70, ndr) mi rivolse alcune accuse anche personali. A quelle non risposi, ma quando mi disse “se i pecoroni serresi vi vengono dietro a me non interessa, a me interessa l’ordine pubblico…” allora sì che risposi, e a tono anche». Ma è anche, per dire, il tipo da sedersi educatamente in prima fila ad un convegno di Forza Italia o dei Focolarini, e di esprimere la sua visione delle cose, se gli viene concesso.

Nelle battaglie per l’acqua, per il lavoro, per la sanità, nel recupero del territorio attraverso l’agricoltura, Orlando ha un ruolo che non è certo quello dello stalinista, per come comunemente potrebbe intendersi. «Il capitalismo – ripete spesso – non poteva non portare a questa situazione. Dopo aver sfruttato ogni cosa, a partire dagli uomini, sono tornati ai beni primari, al cibo». Oggi Orlando discute con noi di sovranità alimentare, di riappropriazione dei diritti, del territorio. Guarda il mondo con occhi e cervello molto più lucidi di tanti trentenni. «Anche questa è politica – aggiunge –, anche questo è lavoro. Produrre senza padroni. La lotta è sempre quella. Oggi, come duemila anni fa, viviamo il conflitto tra sfruttatori e sfruttati».

Per questo Orlando continua ancora oggi, imperterrito, a bordo della sua Panda, a girare per le vie di Serra e a raccontarci del valore del suo Primo maggio. E per questo ancora oggi c’è qualcuno che è disposto ad ascoltarlo.

Associazione culturale Il Brigante