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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Un cammino lungo ed emozionante tra ciò che abbiamo ancora a disposizione per ammirare quel «gioiello di grandezza» che è la Certosa di Serra San Bruno. Un gioiello che, nel corso dei secoli, ha dovuto però affrontare diverse “mutilazioni”, causate dalla natura e dalla mano umana, ma che resta ancora disponibile come immenso patrimonio di tutti noi.
È stato presentato ieri, nell’ambito della “Notte europea dei musei”, il libro “Certosini a Serra San Bruno. Catalogo delle opere della Certosa e del suo Museo” curato da Domenico Pisani e Fabio Tassone. Un testo all’interno del quale sono catalogati i dipinti, le tele, le sculture, le architetture e tutte le opere custodite nel monastero e nell’annesso museo.
Ad introdurre l’iniziativa è stato uno dei due curatori del libro, il direttore del Museo della Certosa di Serra San Bruno, Fabio Tassone che, da subito, ha inteso ringraziare in particolare Domenico Pisani (figlio dell’artista serrese, scomparso di recente, Giuseppe Maria), oltre che gli altri collaboratori Mario Panarello, Dario Puntieri, Oreste Sergi Pirrò, Bruno Tripodi e Giulio Archinà. Questi ultimi due hanno curato le fotografie inserite nell’opera, considerate «particolarmente significative e fondamentali per rendere valido, anche dal punto di vista iconografico, il libro».
Tassone ha inteso, inoltre, ricordare proprio il compianto Giuseppe Maria Pisani, ma anche salutare e ringraziare il priore della Certosa, dom Basilio Trivellato che «contribuisce in maniera determinate alle attività poste in essere dal Museo» e l’ex priore dom Jacques Dupont, ancora alla guida della Certosa nelle fasi di preparazione e di prima stesura del catalogo, e che ha «voluto fortemente l’opera». «Si tratta – ha spiegato poi Tassone – di un’opera faticosa ma attesa, frutto di diversi anni di lavoro, finanziata nell’ambito dei fondi comunitari Por 2007-2013, misura valorizzazione dei musei».
L’intento iniziale sarebbe stato, dunque, quello di catalogare tutti i beni e le opere presenti all’interno del Museo della Certosa ed esposte a disposizione dei visitatori nella stessa struttura posta ad appendice del monastero, ma poi si sarebbe deciso di inserire anche quelli custoditi all’interno delle mura del convento stesso. Scelta, questa, che ha dunque arricchito notevolmente il valore dell’opera che tra l’altro era già stata presentata al pubblico a Catanzaro nei giorni scorsi.
Alla presentazione, tenuta nella sala conferenze del Museo a partire dalle ore 18, ha preso parte anche lo storico dell’arte, professor Francesco Abbate, ordinario presso l'Università del Salento, che si è soffermato in particolare sulle «due direttrici sulle quali si sviluppa il testo: la costruzione della Certosa del Cinquecento e la ricostruzione di metà Ottocento». Spartiacque, fra le due fasi, il terremoto del 1783 che «distrusse – spiega Abbate – solo in parte il contenuto della Certosa, ma quello che si salvò non venne preservato dalle successive demolizioni. Il sisma ci ha privato di uno dei monumenti fondamentali dell'arte calabrese. La prima costruzione della Chiesa, eseguita dopo una lunga progettazione, in stile gotico neo medioevale, con degli spunti di carattere classicista, è frutto – spiega Abbate – di un interessante scambio artistico con la cultura nordica, di viaggi», ma anche della “contaminazione” causata dalla diffusione delle «riviste che arrivavano nelle scuole artistiche dalle quali si traeva ispirazione, in particolare, per gli elementi decorativi». «Accanto alla tradizione internazionale di artisti come Fanzago o Müller – prosegue Abbate – si trova dunque quella locale della nuova Certosa, progettata dall'architetto dell'Ordine ai cui lavori interni presero parte i due famosi pittori Zimatore e Grillo, entrambi di Pizzo Calabro». Un doppio binario «spiegato perfettamente nel catalogo».
Il professor Francesco Cuteri, archeologo medievale di origini serresi, ispettore onorario del Mibact, ha offerto invece nel suo intervento una chiave di lettura influenzata anche dal rapporto diretto, maturato fin dall’infanzia con la Certosa. «Quella della Certosa – ha spiegato Cuteri – è una storia, a mio avviso, ricca anche di eventi traumatici, di mutilazioni, demolizioni, maltrattamenti degli spazi, perché ad un certo punto il dialogo fra la comunità certosina e gli abitanti di Serra si è interrotto, un dialogo non sempre favorevole, soprattutto quando ci fu la necessità di demolire quello che rimaneva dell'antica Certosa dopo il terremoto. Molti hanno distrutto la Certosa usurpandone gli oggetti. Oggi il rapporto è diverso è c’è consapevolezza di quanto rappresenti questo gioiello di grandezza, frutto di un cantiere internazionale che si è sviluppato in nove secoli di storia». Altro aspetto evidenziato da Cuteri «il vuoto che si è creato con le origini internazionali a cui diede avvio l'arrivo di San Bruno. Origini che però ad un certo punto si perdono, si interrompono, nella fase cistercense, la cui matrice non è identificabile negli elementi artistici diffusi nel complesso o sul territorio. Un vuoto frutto, naturalmente, di precedenti demolizioni. Quanto proposto nel testo – ha continuato Cuteri – permette di esplorare un mondo straordinario. Uno strumento utile a colmare, grazie alle schede e alle foto, i vuoti che esistono. Nell'opera c'è anche la ricostruzione di alcuni passaggi che ci aiutano a leggere il tutto a più livelli e che ci danno un grande stimolo per studiare di più e approfondire la vita dei certosini».
Domenico Pisani, nel suo breve intervento, ha invece descritto quel lavoro «faticoso, lungo diversi decenni, circa un trentennio, alla base dell’opera. Ho avuto tante opportunità – ha spiegato Pisani – che mi hanno permesso di conoscere direttamente il patrimonio artistico della Certosa. Come, ad esempio, il meccanismo di apertura del Busto reliquiario che custodisce la calotta cranica di San Bruno, alla quale mancava la parte anteriore, trattenuta a Napoli contrariamente a quelli che erano gli accordi che volevano piuttosto l’intero cranio di San Bruno custodito proprio nella Certosa». Ecco perché, quindi, la reliquia sarebbe stata celata all’interno del Busto.
L’iniziativa si è poi conclusa, in serata, con il concerto eseguito, all’arpa, da Elena Andreacchio e, al flauto, da Francesca Procopio.
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