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Mercoledì, 11 Gennaio 2017 11:50

Showdown 3, il profilo di Massimiliano Sestito. Dai lavori per la Trasversale all'appoggio di Damiano Vallelunga

Scritto da Redazione
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Sono Massimiliano Sestito, Pietro Catanzariti e Cosimo Zaffino i tre arrestati nella notte tra lunedì e martedì per il reato di associazione mafiosa dai carabinieri del Nucleo investigativo di Catanzaro, unitamente al personale della Compagnia di Soverato.

Risulterebbero appartenenti alla cosca Sia-Procopio-Tripodi, operante nel Soveratese, la cui esistenza è stata accertata con due sentenze del tribunale di Catanzaro. Oltre a loro, risultano indagati – ma non raggiunti da provvedimenti cautelari – anche i collaboratori di giustizia Francesco Fiorentino e Gianni Cretarola. Ed è stato proprio quest'ultimo a fornire ai magistrati un quadro sul profilo di Massimiliano Sestito, capo del locale di 'ndrangheta di Gagliato. Nel periodo compreso tra il 2006 ed il 2010, Cretarola è stato detenuto presso il carcere abruzzese di Sulmona, ma come da lui stesso raccontato ai magistrati della Dda di Catanzaro - l'aggiunto Giovanni Bombardieri e il sostituto Vincenzo Capomolla - la conoscenza di Sestito «è intervenuta immediatamente, perchè io – ha detto Cretarola – sono stato prima detenuto presso un reparto di isolamento e da lì a poco vengo abilitato a poter andare a fruire l'aria con gli altri. Quindi, in brevissimo tempo, in brevissimo tempo». Una conoscenza, questa, che «viene approfondita durante le ore di aria che svolgevo con i comuni, tra cui Massimiliano Sestito. In testa sua matura il progetto di poter farmi questa proposta di essere affiliato». Parlando sempre della caratura criminale di Sestito, Cretarola – rivolgendosi al pm Capomolla - ha aggiunto: «Io colgo, dottore, con l'esperienza che mi era maturata precedentemente negli altri istituti, dove uno 'ndranghetista o una persona che è stata vicina a un ambiente 'ndranghetista – anche da "contrasto onorato” da “giovanotto d'onore” che sia – senza che nessuno parli basta che vada all'aria, capisci chi è appartenente e chi non è appartenente, basta porgere una domanda». Sestito, come raccontato da Cretarola, «è stato battezzato in giovanissima età nella 'ndrangheta dalla famiglia Iozzo - operante nel locale di Chiaravalle - con picciotteria, camorra e sgarro. Tutti e tre insieme nella stessa giornata».

«Quando c'è stato l'omicidio del carabiniere (Renato Lio, ucciso a Soverato nel '91, ndr), gli Iozzo hanno preso le distanze da Sestito – spiega Cretarola ai magistrati – perché l'avevano precedentemente sconsigliato di voler fare 'sta cosa e invece lui è voluto andare lo stesso, perché rivendicava che questa persona (il carabiniere, ndr) con lui gli aveva fatto degli abusi e tutto quanto, però loro, persone più grandi, non volevano questa cosa perché a livello di 'ndrangheta non si poteva attaccare una persona dello Stato in quella maniera perché avrebbe portato scompiglio. Quindi quando è successo 'sto fatto loro l'hanno un pochettino allontanato perché è stato sostenuto dalla famiglia Lentini, nella qualità di Turi Lentini e Michele Lentini». Nel momento in cui Sestito, subito dopo il delitto, si buttò latitante, ad aiutarlo ci pensarono proprio i Lentini. Dopo un breve periodo nelle montagne vicino a Chiaravalle, «è stato accolto dalla famiglia Lentini. La mamma lo accudiva in una stalla – la mamma quindi moglie di Turi e mamma di Michele, lo accudiva lei gli portava il secchio, gli portava da mangiare e queste cose qua».

Sestito, in particolare, «rivendicava Gagliato, occupato negli anni dalla famiglie Iozzo-Chiefari, anche per l'importanza dei lavori che stavano eseguendo, per la realizzazione della Trasversale delle Serre. Lavori edili molto, molto importanti». Gli Iozzo-Chiefari, però, non avevano alcuna intenzione di abbandonare il territorio. Di conseguenza «nasce questo astio» con Sestito, che si è concretizzato con il danneggiamento di alcuni mezzi nei confronti di «queste famiglie che stavano lavorando a Gagliato». Si arriva, dunque, agli origini della “Faida dei boschi”, innescata «per una richiesta di Massimiliano Sestito che manda a chiedere 20mila euro ai fratelli Iozzo, che stavano facendo dei lavori a Gagliato, dei lavori di riqualificazione, prchè c'era la Trasversale delle Serre».

Tutto, però, ruotava intorno a Damiano Vallelunga, «capo locale di sette 'ndrine distaccate. Facevano riferimento tutti a lui, da dopo Guardavalle fino a Serra San Bruno». Cretarola, rivolgendosi sempre ai magistrati, ha raccontato che Vallelunga – ucciso a Riace nel 2009 - «aveva riconosciuto che il paese di Gagliato era per diritto di Massimiliano Sestito perché in primis 'ndranghetista operante per la famiglia Iozzo quindi a tutti gli effetti riconosciuto 'ndranghetista anche durante tutta la carcerazione». A giudizio di Cretarola, inoltre, lo stesso Vallelunga avrebbe detto: «Il primo che ha trascurato nei confronti di Sestito sono stato io perché in questi anni di galera non l'abbiamo mai aiutato, il paese è suo e tirategli fuori i mezzi. I mezzi di lavoro tirateli fuori dal paese, non lavorate più».

Anche da qui, insomma, nasce la sanguinosa “Faida dei boschi”, protrattasi per anni e che, nel corso del tempo, ha prodotto decine e decine di vittime.