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Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
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Quella di domani potrebbe essere la giornata decisiva per i lavoratori della ex Infocontact che, da mesi, sono in attesa di ricevere certezze sul proprio futuro occupazione, dopo la decisione della Abramo Customer Care - società che ha acquisito la sede di Lamezia Terme – di sopprimere i centri periferici di Serra San Bruno e Stefanaconi.
Come del resto annunciato nei giorni scorsi dalle sigle sindacali, infatti, nel caso in cui non si riuscisse a trovare un accordo per la risoluzione della vertenza entro e non oltre sabato 14 marzo - data in cui scadranno i venticinque giorni previsti per chiudere le procedure della cessione dei rami – verranno aperte le procedure di licenziamento per tutti i lavoratori di delle sedi situate nell'intera regione.
Il futuro dei dipendenti della ex Infocontact, dunque, è appeso ad un filo. In attesa di sapere quale sarà l'esito del tavolo tecnico convocato per la giornata di domani, i lavoratori del call center di Serra San Bruno sono intervenuti nuovamente sulla questione, esprimendo in una nota tutto il proprio rammarico su come si sta evolvendo la situazione: «Dopo giorni di protesta, ormai siamo rassegnati al nostro destino. Il terzo tavolo tecnico convocato al Mise non ha portato alcuna novità e, per questo, non sappiamo più davvero cosa fare. Ci viene chiesto di attendere, di non muoverci, per non compromettere l'ultimo incontro in programma per domani. Siamo stati accusati dagli stessi commissari, i quali hanno permesso all'Abramo CC e a Comdata (l'altro ramo della ex Infocontact che ha acquisito la sede di Rende, ndr) di vincere la gara con offerte allucinanti che tutto fanno tranne che garantire i livelli occupazionali e di aver mandato a monte i primi tavoli tecnici, solo perchè ci siamo permessi di far sentire la nostra voce, solo perchè abbiamo lottato per un posto di lavoro. Ma forse – proseguono i dipendenti – era meglio quando lavoravamo e producevamo senza chiedere cosa ne sarebbe stato di noi, come del resto è accaduto nel luglio del 2014, quando credevamo alle bugie di quelle persone che hanno avuto il coraggio di venire a Serra e assicurarci che il nostro posto di lavoro fosse al sicuro, solo per tenerci buoni e per farci fare quello che pensiamo di aver sempre fatto: produrre per un committente che, a fine commessa, ci abbandonerà senza alcun rimorso e senza nemmeno un grazie».
«Oggi, però, ci viene chiesto di non lottare ma di continuare a produrre, proprio come a luglio. Ci viene chiesto di non disturbare più la classe politica che, come sempre, ha detto tante belle parole, ma di concreto non ha fatto nulla, così come ci viene chiesto di rimanere immobili, accertando la perdita del posto di lavoro e della nostra dignità. Ci è stato detto, inoltre, che se continuiamo nella nostra protesta, rischiamo di venire prematuramente licenziati per assenteismo. Ma stiamo scherzando? Noi – concludono i lavoratori del call center di Serra – vogliamo almeno il diritto alla protesta, il diritto al lavoro e, soprattutto, il diritto alla nostra dignità».
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