Giovedì, 09 Aprile 2020 13:03

Il ricordo di Salvatore Borsellino a due anni dalla morte di Matteo Vinci: «Non c'è bomba che uccida l’amore»

Scritto da Redazione
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Sono trascorsi due anni dall’autobomba di Limbadi che, il 9 aprile 2018, ha provocato il decesso del biologo 42enne Matteo Vinci. Un anniversario particolare, per la madre Rosaria Scarpulla e il padre Francesco Vinci, quest’ultimo rimasto gravemente ferito in seguito all’esplosione. A causa, infatti, delle restrizioni imposte dalle autorità competenti per contenere la diffusione del Coronavirus, sono state vietate le Messe e ogni altra iniziativa che non permetta di osservare le distanze minime tra le persone. Ecco, dunque, che sui social è partito l’hashtag #nondimenticomatteo, per manifestare vicinanza ai familiari del biologo di Limbadi. Tra coloro i quali hanno aderito all’iniziativa anche Salvatore Borsellino, fratello del magistrato assassinato da Cosa Nostra, il quale ha scritto una lettera indirizzata alla famiglia Vinci.

Ecco il testo

A Matteo

Caro Matteo, non ti conoscevo quando l’anno scorso sono venuto nella tua Calabria per incontrare i giovani di una scuola, come faccio ormai da 27 anni, da quando hanno ucciso mio fratello. Quei giovani ai quali tu hai cercato di insegnare a non abbassare la testa, a non accettare favori, a non inchinarti di fronte alla prepotenza di persone che costituiscono un cancro, un tumore, che come ha distrutto la mia terra, la Sicilia, corrode la tua terra, la Calabria. Mentre ti scrivo sto guardando una foto, quella dove la tua mamma e il tuo papà sono seduti accanto alla tua bara, circondata di fiori bianchi e mi colpisce la figura di tuo padre, appoggiato al suo bastone, tuo padre rimasto anche lui gravemente ferito nell’attentato che ti ha portato via, ma con lo sguardo dritto davanti a se, un sguardo fiero, lo sguardo di chi non si arrenderà mai davanti alla prepotenza mafiosa e che questi valori ti ha saputo trasmettere. E accanto la tua mamma, Rosaria, la testa china sotto il peso del dolore che la distrugge ma che quella testa ha saputo presto risollevare trasformando il suo dolore in volontà di giustizia, in una rabbia che però esprime con la pacatezza delle persone forti, delle persone che sanno di essere dalla parte giusta e che perciò la loro lotta condurranno sempre con un profondo dolore ma con una rabbia e un orgoglio ancora più forte. È stato grazie alla tua mamma che ti ho conosciuto Matteo, perché nella tua mamma ho trovato la stessa forza della mia, di una madre che mentre aveva ancora nelle orecchie il boato di quella bomba che le aveva portato via il figlio, disse ai figli che le restavano, e tua madre non ha neanche quelli, che saremmo dovuti andare dovunque ci avessero chiamati per parlare del “sogno di Paolo”. Perché così Paolo sarebbe vissuto per sempre. E per questo che quando incontro la tua mamma e la abbraccio, benché abbia meno anni di me, mi sembra di abbracciare mia madre, perché ha la stessa sua forza, la stessa determinazione, lo stesso amore per il figlio che le hanno portato via. E l’amore non può mai morire. Non hanno ancora inventato e non riusciranno mai ad inventare, Matteo, una bomba che uccida l’amore. Su quella bara, c’è la tua foto in divisa da soldato Matteo, quella stessa foto che tua madre mi ha dato e che io da allora porto sempre con me, per parlare ai giovani che incontro non solo di mio fratello ma anche di te, del tuo sogno, e farti così continuare a vivere, come Paolo, nel cuore dei giovani che incontro. Ciao Matteo, grazie per quello che hai fatto per noi e per la forza che ci dai.

Salvatore Borsellino

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