Ritorna puntuale, in questo periodo, la preoccupazione per il destino di Serra. Sui social network circolano le foto del corso desolatamente vuoto, si tirano fuori le statistiche sull’emigrazione, si additano i disservizi e si invocano cure per quella che assomiglia proprio a una malattia cronica e degenerativa. È come se Novembre costringesse tutto il paese a interrogarsi sul proprio presente e, soprattutto, sul proprio futuro: le attività commerciali faticano, i servizi pubblici scompaiono, gli spazi di incontro e socialità inesorabilmente si restringono, i giovani alla prima occasione fuggono. Che cosa ne sarà, allora, di Serra? Sono i giovani, che non socializzano più, appresso come sono a Instagram e Facebook? È colpa della politica, degli amministratori che non fanno nulla? È la mentalità strapaesana? Siamo noi?
Ora, sebbene questi siano fattori che indubbiamente contribuiscono alla percezione che si ha del paese e della comunità, io credo che nessuno di essi sia determinante nel definirla. Quello che Serra sta attraversando è un processo comune alla maggior parte dei piccoli comuni: questi diventano sempre più ‘centri senza centro’, ovvero, tendono sempre di più ad assomigliare alle periferie urbane. Nelle grandi città, la progressiva riduzione della popolazione residente ha condotto a una generale omologazione dei centri storici: gli spazi commerciali sono occupati dappertutto dalle stesse grandi catene di negozi; le abitazioni, affittate tramite airbnb; l’identità e la cultura locali, commodificate a uso e consumo del turismo. I centri storici delle grandi città, in altre parole, si stanno trasformando in grandi parchi giochi per turisti, mentre i residenti vengono ricacciati nelle periferie spogliate di servizi, in cui l’unica prospettiva di socialità è quella consumistica del centro commerciale.
Nei piccoli paesi, questo processo ha avuto effetti ancora più marcati e distruttivi, specialmente in quelli più geograficamente isolati come Serra. La perdita del centro storico, in queste realtà socialmente fragili, ha determinato una prima e fondamentale incrinatura all’interno della struttura comunitaria del paese. Con la perdita di centralità della ruga quale necessario elemento di mediazione tra dimensione privata e dimensione pubblica si è indebolita la coesione sociale, che oggi resiste soprattutto grazie alle congreghe, alle associazioni come la ProLoco e il Brigante, e ai sodalizi formali e semi-formali dediti a specifiche attività legate al territorio (trekking, ciclismo, motociclismo ecc.), col risultato di rendere difficoltosa la realizzazione di un’efficace azione pubblica e genuinamente politica a difesa dei servizi intorno ai quali ruota la vita di un paese. Allo stesso tempo, ciò ha portato la maggior parte di noi a interpretare quella stessa vita del paese in termini sempre più privati e personali. Basti guardare a come le questioni riguardanti i servizi sanitari, la salubrità dell’acqua e la necessità di infrastrutture non siano riuscite a imporsi come battaglie collettive fondate su una condivisa piattaforma di opinione, ma si siano spesso arenate nelle secche di una generale e rassegnata indifferenza. La Serra e il serrese, proseguendo su questa china, temo che scompariranno. Resteranno delle case, delle chiese, un patrimonio naturale e culturale da offrire ai turisti di Ferragosto, ma non una comunità.
È necessario che la politica rimetta al primo posto la questione del centro storico, e ciò non in termini semplicemente turistici, ma piuttosto sociali e culturali. Il centro storico come luogo di costruzione della comunità, di coinvolgimento nella vita pubblica, e non solo come spazio da addobbare nelle occasioni importanti. Riuscire a riunire tutti gli attori che vivono ogni giorno sulla propria pelle lo sfaldarsi della dimensione comunitaria connessa alla perdita del centro storico – commercianti, associazioni, movimenti politici, cittadini residenti – per porre il problema in termini chiari e prospettare possibili soluzioni. Questa è la vera sfida che oggi attende la politica. Serra non può permettersi di diventare una periferia urbana: data la sua posizione geografica, diventerebbe la periferia del mondo.
Il destino non è ancora scritto, ma potrebbe esserlo presto, se non si fa qualcosa.